Giampaolo Cadalanu – Fonte: © La Repubblica
12 dicembre 2019
Un gruppo di associazioni, dalla yemenita Mwatana ad Amnesty International, ha deciso di portare il problema davanti al procuratore generale della Corte penale internazionale. L’esposto del fronte pacifista riguarda le aziende, principalmen te del vecchio continente, che riforniscono gli arsenali della coalizione sunnita: Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.
Ma in principio la legislazione europea è netta: non si forniscono armamenti a Paesi che esercitano la repressione interna o commettono serie violazioni del diritto umanitario o delle leggi sui diritti umani. Così un gruppo di associazioni, dalla yemenita Mwatana alla Rete Disarmo, da Amnesty International al Centro europeo per i diritti umani e costituzionali, dalla Campagna contro il commercio di armamenti al Centro di studi per la pace Delàs, all’Osservatorio italiano sulle armi leggere, ha deciso di portare il problema davanti al procuratore generale della Corte penale internazionale. L’esposto del fronte pacifista riguarda le aziende che riforniscono gli arsenali della coalizione sunnita, cioè di Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti: la lista è piena di nomi eccellenti della tecnologia militare, con Leonardo e Rwm Italia, ma anche Airbus, Bae, Dassault, Mbda, Raytheon, Rheinmetall e Thales.