La seconda parte del dossier dedicato al mercato delle armi del “Messaggero di sant’Antonio” di gennaio (qui la prima parte)
Un pessimo affare
Spendere i soldi in armi, piuttosto che in ambiente, sanità, ricerca, scuola, non solo nuoce gravemente al benessere sociale, ma pregiudica l’economia e il futuro. A dimostrarlo, il rapporto «Arming Europe», condotto circa un anno fa da un team multidisciplinare di esperti per Greenpeace. Il rapporto mette a confronto le spese militari e quelle sociali nel corso del decennio 2013-2023, di tre Paesi europei che appartengono anche alla Nato, per verificare quali dei due tipi di spesa abbia un impatto più positivo sull’economia e sull’occupazione.
A illustrarci i dati principali di «Arming Europe» è una delle ricercatrici, Chiara Bonaiuti, consigliera scientifica di Opal (Osservatorio permanente sulle armi leggere), che ha realizzato l’analisi, coordinata da Mario Pianta, docente di Politica Economica (Normale Superiore di Firenze), insieme con Paolo Marzano, statistico (Milano-Bicocca), e Marco Stamegna, economista (Normale Superiore Firenze). La prima evidenza è che se si allunga la coperta delle spese in un comparto, si accorcia inevitabilmente negli altri. «Nel 2013-2023 la spesa militare dei Paesi Nato dell’UE ha raggiunto +46 per cento, e questo in un momento di stagnazione economica» afferma Bonaiuti. (…)
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