18 ottobre 2021
SAN FELICE DEL BENACO – “A casa mia sono cresciuto che c’erano più fucili che posate” dice un ragazzo al bancone del bar del centro, la Posta da una parte, la parrocchia dall’altra, il tabaccaio di fronte, il ristorante di Gianpi al solito posto. E di fucili ce n’erano otto, più due pistole, nella villetta di Roberto Balzaretti: un colpo accidentale, da un fucile armato, si è portato via la figlia di 15 anni.
È tutto vicino al centro di San Felice del Benaco, silenzioso paese su una collina della sponda bresciana che s’affaccia sul Garda. Tremila abitanti, tutti conoscono tutti. E dove avere un’arma in casa – o più d’una perché non è mai una soltanto – non sorprende nessuno. È in questo contesto che due pomeriggi fa dal fucile di un padre cacciatore, ex assessore forzista di una giunta di centrodestra, è partito un colpo che ha stroncato la giovane figlia. Un incidente, sulla natura accidentale non ci sono dubbi, mentre ne restano su come questa tragedia sia maturata in questa villetta al piano terra della frazione Portese. Siepi vista lago, la quiete.
Roberto, 57 anni, medico legale, ha un porto d’armi regolare per uso venatorio e dieci armi, alcune ereditate, e già una tragedia alle spalle del padre, suicida otto anni fa proprio con un fucile.
Le armi sono state ritrovate dagli investigatori sparse in giro per la villetta, non proprio ben custodite. Tanti in paese si interrogano sulla cartuccia lasciata nel caricatore, “la prima regola di ogni cacciatore è scarrellare ancor prima di entrare in casa” spiegano tutti, specie con i ragazzini in giro. Quel colpo a un certo punto del pomeriggio parte, succede nella camera da letto dei genitori, trafigge al petto la figlia. I carabinieri di Salò, coordinati dalla procura di Brescia, nella notte e fino all’alba ascoltano i presenti. E sentendo soprattutto il padre ricostruiscono che è il figlio tredicenne a imbracciare il fucile e a far partire il colpo mortale che senza volerlo colpisce la sorella che, stando alle ultime ricostruzioni, in quel momento sta entrando nella stanza. Il ragazzino è il primo a scappare dalla casa, “non riusciva nemmeno a parlare” dice una vicina che ha provato ad avvicinarlo. Un ragazzo che abita di fronte scavalca la recinzione per capire cosa succede, il padre urla, chiede aiuto con voce straziata. Qualche vicino e voci nel paese riportano di una lite accesa tra fratello e sorella che andava avanti da ore in questa villetta, ma per ora questa ricostruzione non trova un riscontro investigativo.
Disperata la nonna paterna, che abita di fianco, “un dolore così grande che non so spiegarlo”. Per ora il 57enne è indagato a piede libero per omicidio colposo, il fucile armato era sotto la sua responsabilità. Non esiste un censimento dettagliato delle armi nelle case degli italiane. Gli ultimi dati aggiornati disponibili sono del 2018, ma danno l’idea. In Lombardia sono 194mila le licenze di armi: un quarto è solo nel Bresciano, 52mila licenze di cui 32mila per attività venatoria e 18.300 per il tiro sportivo. La provincia che ne ha di più. “C’è un cacciatore quasi in ogni casa qui, al di là di come uno possa pensarla sulle armi – dice il sindaco di San Felice, Simone Zuin – i miei figli sono cresciuti con i suoi, siamo disperati, è una tragedia che poteva colpire qualsiasi famiglia”. Giorgio Beretta è analista di Opal, l’osservatorio permanente sulle armi leggere, spiega: “La normativa italiana per il numero di armi detenibili è tra le più permissive d’Europa, con una licenza per tiro sportivo o da caccia si possono tenere tre pistole, dodici fucili Ar 15 e un numero illimitato di fucili da caccia. Le norme sono troppo lassiste e le licenze si possono ottenere con troppa facilità”.