Giorgio Beretta – Fonte: ©Unimondo
18 marzo 2019
La strage di Christchurch in Nuova Zelanda in cui il giovane etnonazionalista australiano, Brenton Tarrant, ha ucciso 50 persone in due moschee ferendone altre 48, ha riportato all’attenzione internazionale due questioni: il tipo di attività di intelligence messe in atto per cercare di prevenire atti terroristici da parte di gruppi e di singoli ispirati da odio razzista e da pulsioni suprematiste e nazifasciste; il problema delle norme sull’accesso legale alle armi da parte dei civili.
Denominatori comuni
Tre sono gli elementi che accomunano la strage di Christchurch con diverse stragi in America ed anche Europa. Sono generate da odio razziale o religioso di stampo suprematista e da fascinazioni di tipo nazifascista; sono compiute da singoli, solitamente dei “lupi solitari” non sempre appartenenti a gruppi; i perpetratori sono principalmente dei legali detentori di armi. I primi due elementi pongono all’attenzione il problema del controllo dei gruppi di matrice filonazista e suprematista e dei loro simpatizzanti. In proposito va detto che, mentre l’intelligence a livello internazionale si è dotata di alcuni strumenti per monitore e scambiarsi informazioni sulle attività di gruppi di stampo islamista e jihadista, il controllo dei gruppi di matrice nazifascista, di estremisti nazionalisti e di suprematisti bianchi appare più carente anche perché queste attività sono in gran parte delegate alle singole polizie nazionali dalle quali vengono spesso considerate solo come un problema di ordine pubblico invece di una questione di pubblica sicurezza o, più recisamente, di sicurezza nazionale.
Per quanto riguarda l’Italia, va positivamente notato che la “Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza“ inviata al Parlamento nel febbraio scorso, nel capitolo dedicato a “Eversione e estremismi”, evidenzia “il dinamismo della destra radicale”, il cui “attivismo, di impronta marcatamente razzista e xenofoba, si è accompagnato ad una narrazione dagli accenti di forte intolleranza nei confronti degli stranieri”. In proposito viene anche evidenziata “la spiccata proiezione internazionale delle principali formazioni d’area (della destra radicale – ndr), con assidui e stretti rapporti con i maggiori gruppi stranieri dell’ultradestra, funzionali all’affermazione di un ‘fronte identitario paneuropeo’, a difesa delle radici etnico-culturali dell’Europa…” (p. 100).
Terroristi bianchi, legalmente armati
Ma vi è un terzo elemento che, purtroppo, viene spesso dimenticato o considerato marginale: i terroristi bianchi suprematisti e filonazisti che hanno fatto le maggiori stragi e attentati in America e in Europa detenevano regolarmente le armi in quanto legali detentori di armi.
Il filonazista norvegese Anders Breivik nel luglio del 2011 ha compiuto la strage sparando per un’ora con un fucile semiautomatico regolarmente detenuto (Ruger Mini-14) sui giovani del Partito Laburista radunati nell’isola di Utoya ammazzandone 69.
Il giovane suprematista neonazista Dylann Roof nel giugno del 2015 ha ammazzato con la sua Glock calibro 45, nove fedeli afroamericani, incluso il pastore e senatore Pinckney, durante un raduno di preghiera nella chiesa di Charleston nel Sud Carolina (Stati Uniti).
Il nazionalista anti-islamico Alexandre Bissonnette nel gennaio 2017 ha ucciso sei persone e ne ha ferite gravemente sei sparando con un fucile semiautomatico CSA vz. 58 Sporter e una Glock 17 da 9mm all’interno dell’Islamic Cultural Centre di Quebec City. Non è chiaro se l’arma fosse regolarmente detenuta o se sia stata introdotta illegalmente dagli Stati Uniti.
Il militante leghista passato all’estrema destra, Luca Traini, nel febbraio del 2018 a Macerata ha sparato, con una pistola Glock regolarmente detenuta con licenza “per uso sportivo”, una trentina di colpi dalla sua auto in una decina di punti della città che sapeva essere frequentati da migranti ferendo almeno undici persone.
Il giovane razzista e islamofobo, Nikolas Cruz, nel febbraio del 2018 a Parkland in Florida, ha fatto fuoco con un fucile semiautomatico AR-15, legalmente acquistato, nel campus del liceo Marjory Stoneman Douglas uccidendo 17 persone e ferendone almeno 14.
Il simpatizzante dell’ultradestra antisemita, Robert Bowers, con un fucile tipo AR-15 e di diverse pistole regolarmente detenute, nell’ottobre 2018 ha aperto il fuoco all’interno della sinagoga “The tree life” di Pittsburgh ammazzando 11 persone e ferendone altre sei: l’assalitore ha sparato anche contro gli agenti intervenuti dopo l’allarme.
Venerdì scorso, il giovane etnonazionalista australiano, Brenton Tarrant, ha compiuto la strage di Christchurch con fucili semiautomatici AR-15 con caricatori da sette colpi e varie pistole che deteneva legalmente. Frequentava regolarmente il poligono di tiro della cittadina neozelandese dove viveva: lo descrivono come “una persona tranquilla” e “sempre disponibile a dare una mano”, un “inquilino modello“. Secondo le denunce di una locale guida di caccia, il poligono era frequentato da suprematisti nazionalisti bianchi
AR-15, l’arma preferita dai “mass shooters”
La decisione del suprematista bianco di compiere ciò che considera il suo “atto purificatore’ con un’arma legale, e preferibilmente con un AR-15 non è casuale. La scelta dell’arma, infatti, non è indifferente non solo per il successo della sua operazione, ma per il messaggio che il terrorista vuole diffondere. Il kalashnikov Ak-47 è il micidiale mitragliatore dei combattenti di ogni tipo; le bombe autoprodotte sono lo strumento dei terroristi per seminare panico e terrore; il coltello è l’arma privilegiata dai jihadisti per sgozzare le proprie vittime innocenti; l’auto o il camion è il mezzo di fortuna dei lupi solitari islamisti per fare stragi nelle città. Il fucile d’assalto AR-15 è, invece, l’arma legalmente detenuta e utilizzata dai mass shooters americani e dai suprematisti bianchi. Il suo simbolismo è evidente: l’AR-15 è infatti l’arma sviluppata sul modello dell’M16, il fucile d’ordinanza delle forze armate statunitensi, per combattere il male e il disordine e per stabilire la propria supremazia nel mondo. L’obiettivo dello stragista suprematista bianco è proprio questo: ristabilire quello che ritiene debba essere l’unico, il vero e il giusto “ordine del mondo”. Ma questo può farlo solo chi ha armi legalmente detenute: la legge è dalla sua parte e lo Stato gli consente l’uso di quell’arma proprio per attuate il suo piano, ristabilire l’ordine.
In Italia licenze difficili? Nient’affatto!
Nonostante venga spesso fatto credere il contrario buttando fumo negli occhi con la frase: “In Italia non è come in America che le armi si possono comprare al supermercato”, la normativa italiana è quanto mai permissiva in materia di licenze e detenzione di armi. Più permissiva della Nuova Zelanda e di molti Stati degli Stati Uniti. Oggi, a qualunque cittadino italiano incensurato, esente da malattie nervose e psichiche, non alcolista o tossicomane, è infatti generalmente consentito di ottenere una licenza per armi dopo aver superato un breve esame di maneggio. Tranne nei casi in cui il medico curante o le A.S.L. non lo richiedano specificamente, non sono previsti particolari esami clinici e tossicologici per verificare lo stato di salute mentale e psichica del richiedente e per accertare l’uso di stupefacenti: tutto si basa su una autocertificazione controfirmata dal medico curante. E con una semplice licenza per detenzione di armi o con una licenza per uso sportivo o per attività venatorie, che sono valide per cinque anni, si possono oggi detenere, tre armi comuni da sparo, dodici armi sportive (tra cui appunto gli AR-15), otto armi antiche e un numero illimitato di armi da caccia e relative munizioni.
Col governo Conte oggi è più facile avere più armi
La licenza per detenere armi tipo l’AR-15 si può ottenere facilmente in Italia anche perché non occorre dimostrare di praticare alcuna disciplina sportiva: una licenza per “tiro sportivo” costa 32 euro di tasse, più 1,50 euro per il libretto e vale 5 anni. Nell’aprile del 2015, col decreto antiterrorismo del governo Renzi, i fucili semiautomatici tipo AR-15 sono stati estromessi dalla categoria di “armi da caccia” che permetteva di detenerli in numero illimitato anche con una licenza per tiro sportivo (e senza la licenza di caccia) e sono stati quindi classificati come “arma sportiva”. Ma lo scorso settembre il Governo Conte ha raddoppiato, da 6 a 12, il numero delle “armi sportive” (tra cui gli AR-15) che si possono detenere denunciandone l’acquisto e ha raddoppiato anche la capacità dei caricatori amovibili (da 5 a 10 colpi) per i fucili semiautomatici che si possono detenere senza denuncia.
Un favore del Governo del Cambiamento per compiacere le aziende armiere e le lobby dei sedicenti “appassionati” che le sostengono. Secondo i dati del Viminale, riportati da una recente inchiesta de “Il Sole 24 Ore”, vi sono oggi in Italia circa 600mila licenze per “tiro sportivo”, ma le federazioni di tiro sportivo affiliate al CONI riportano non più di 80mila iscritti e, anche considerando (esagerando) che altrettanti siano gli iscritti a poligoni privati si arriva a 160mila. Ciò significa che la stragrande maggioranza di coloro che detengono una licenza per “tiro sportivo” non la richiede per poter praticare una disciplina sportiva, ma solo per avere armi in casa. Si tratta, come detto, di un ampio arsenale visto il numero di armi che oggi si possono acquistare con quella licenza: certo ogni acquisto va riportato alle autorità competenti, ma niente di più.
Urge un’ampia revisione
Dopo gli attentati viene spesso sollevato il problema dei mancati controlli sui segnali che alcuni degli attentatori avevano dato. E’ evidente che è impossibile controllare tutti i legali detentori di armi ed è così anche in Italia. Proprio per permettere i necessari controlli si dovrebbe cominciare col non concedere una licenza per tiro sportivo a chi non pratica alcuna disciplina sportiva: si ridurrebbe così di almeno un terzo il numero di persone da controllare.
Non solo. Per cogliere eventuali segnali, sarebbero necessari test psicologici e clinici effettivi e più frequenti: oggi in cinque anni la vita di una persona può cambiare radicalmente. E sopratutto sarebbe auspicabile che le autorità italiane cominciassero a controllare almeno le esternazioni pubbliche di quei legali detentori di armi che spesso manifestano simpatie nazifasciste, odio razziale, tendenze xenofobe unite ad una particolare ed improvvisa passione per le armi. Potrebbero cominciare col controllare, ad esempio, i profili facebook, twitter ecc. di quei sedicenti “appassionati” di armi che li tengono oscurati all’accesso pubblico per poter comunicare indisturbati con i loro simili.
Ma, soprattutto, a chi non pratica alcuna disciplina sportiva (e men che meno la caccia) non dovrebbe essere permesso detenere armi che non siano quelle della specifica attività che viene praticata e non certo un ampio arsenale di armi altamente letali come gli AR-15. E, poiché le attività sportive non si possono praticare nella propria abitazione e negli spazi attigui a chi ha una licenza per tiro sportivo non dovrebbe essere permesso di detenere munizioni. In altre parole: ogni licenza dovrebbe essere ricondotta alla sua vera ragion d’essere e le armi consentite dovrebbero essere limitate alla specifica attività praticata dal detentore della licenza.
La prossima strage
Resta un fatto: l’autore dell’attentato di Macerata, Luca Traini, era in possesso di regolare licenza per “uso sportivo”: l’aveva ottenuta in 18 giorni. Aveva successivamente manifestato simpatie nazifasciste, esternato odio e rancore, espresso pubblicamente tendenze xenofobe e razziste, ma nessuno aveva avvisato le autorità competenti. Le quali, tra l’altro, in mancanza di specifici reati, avrebbero potuto fare ben poco. Traini non ha compiuto una strage solo perché, grazie al cielo, ha sbagliato mira. Domani, il prossimo Luca Traini, legale detentore di armi, potrebbe compierla indisturbato. Ed organizzarsi con un gruppo di amici, tutti armati di fucili AR-15 con caricatori da 10 colpi o con pistole semiautomatiche da 20 colpi. Tutto regolarmente detenuto grazie alle leggi vigenti ed ai pochi controlli sui legali detentori di armi…..leggi tutto l’articolo