Raphaël Zanotti – Fonte: © La Stampa
11 marzo 2017
Ci sono alcune costanti negli ultimi casi di ladri uccisi dai proprietari di casa avvenuti negli ultimi anni. Primo: le armi erano sempre regolarmente detenute. Secondo: spesso la comunità, il sindaco, a volte addirittura il vescovo, si sono schierati con l’uccisore. Terzo: alcuni partiti politici hanno in seguito trasmesso la sensazione che la violazione di domicilio bastasse a configurare la legittima difesa. Quarto: questa sensazione è errata e quasi sempre l’uccisore è stato poi condannato. È un problema che prima o poi andrà affrontato. Come andrà affrontato un altro tema: le armi che hanno sparato erano sì regolarmente detenute, ma quasi tutte lo erano per licenze di caccia.
In Italia nel 2015 sono state rilasciate 774.679 licenze venatorie. I cacciatori reali – secondo i dati delle regioni – erano 579.252. Di contro le armi per cui è stata rilasciata una licenza per difesa personale, che ha bisogno di motivazioni più stringenti, erano appena 20 mila (19.984 per la precisione). Mentre queste ultime sono rimaste pressoché costanti nel corso degli ultimi anni, le licenze per uso venatorio e sportivo hanno avuto un’esplosione nel 2014: +12,4% per le prime rispetto all’anno precedente e +18,5% le seconde. Questure e prefetture hanno ricondotto questo incremento a un cambio delle normativa che ha costretto molti a «regolarizzarsi» nel caso detenessero un’arma in casa. Tuttavia stabilire a priori una motivazione piuttosto che un’altra è piuttosto difficile. Anche perché, in Italia, è praticamente impossibile scoprire quante armi circolino. Pur avendo una matricola, un tracciamento vero e proprio non è mai stato fatto. Le stime parlano di una cifra tra i 7 e 10 milioni di pezzi…leggi tutto l’articolo su La Stampa