Irene Panighetti – Fonte: ©BresciaOggi
L’appello di Rete Pace e Disarmo e Opal: «No all’export verso governi autoritari che violano i diritti»
Domenica 1 novembre
Evidente autoritarismo del governo turco, gravi violazioni dei diritti umani, ingerenze dirette in vari conflitti (Libia, Nagorno Karabakh) e indirette su tutto lo scacchiere geostrategico del Mediterraneo: elementi che spingono anche la Rete italiana pace e disarmo, che a Brescia conta uno dei suoi punti strategici, a chiedere lo stop immediato della vendita di armi alla Turchia. «Da Brescia nel primo semestre 2020 sono statii esportati prodotti bellici per 5.690.732 euro, la gran parte per armi di tipo militare o per corpi di sicurezza», afferma Giorgio Beretta, uno dei consulenti scientifici di Opal, l’osservatorio permanente delle armi leggere con sede in città e uno dei soggetti che da poco si è unito alla Rete Italiana Pace e Disarmo.
Rete che pone questo problema da ottobre 2019, quando la Turchia decise di intervenire militarmente nel Kurdistan siriano: «In quel momento abbiamo sottolineato la grande rilevanza della Turchia come cliente dell’industria bellica italiana – si legge nel recente comunicato. Le tensioni tra Turchia e Grecia (che ha chiesto a Italia, Francia, Spagna e Germania di promuovere un embargo) ripropongono la necessità di uno stop alle forniture verso Ankara. Nei primi sei mesi 2020 record storico di consegne munizionamento per 60 milioni di euro».
L’industria armiera bresciana fa la sua parte, e la Rete sostenuta da molte realtà anche del mondo cattolico nostrano rilancia la richiesta di blocco. L’Italia ha nei fatti continuato a inviare armi alla Turchia.
Un’attenta analisi dell’Opal dei dati del registro dell’Istat sul commercio estero evidenzia che da novembre 2019 a luglio 2020 sono stati esportati in Turchia più di 85 milioni di euro di «armi e munizioni, cifra che costituisce il massimo storico dal ’91 – prosegue la Rete ricordando un’analisi di cui anche Bresciaoggi dette conto – si tratta in gran parte di munizionamento pesante, cioè i multi-purpose altamente esplosivi impiegati nei teatri di guerra anche in funzione anti-carro. La Turchia si colloca al decimo posto per totale di autorizzazioni all’export di armi nell’ultimo quinquennio (2015-2019) per 954 milioni di euro e al primo posto tra i Paesi non Eu/Nato per le consegne effettive nel quinquennio, con 802 milioni di euro di armamenti spediti».