Umberto De Giovannangeli – Fonte: © Globalist
27 marzo 2020
Nonostante le limitazioni al lavoro alla fine sono spuntate le deroghe per i produttori di armi. Lo hanno denunciato Rete italiana per il Disarmo, Rete della Pace e la Campagna Sbilanciamoci.
L’economia incivile
…”Stupisce e rammarica – commenta Giorgio Beretta dell’Osservatorio Opal di Brescia, l’osservatorio sulle armi – che il Governo non abbia invitato le aziende a partecipazione statale del gruppo Leonardo e Fincantieri a convertire immediatamente almeno una parte della propria attività per produrre quegli apparecchi medici e sanitari di cui c’è urgente bisogno e che la Protezione Civile sta cercando per mezzo mondo”. Beretta solleva anche un tema caro al movimento pacifista: la riconversione: “In Italia sono 231 le imprese produttrici di armi e munizioni, rispettivamente 107 e 124. Una sola, la Siare Engineering, produce ventilatori polmonari. Siamo fortemente dipendenti dall’estero per macchinari vitali. Ma nel 2006 la Regione Lombardia affossò definitivamente l’Agenzia regionale per la riconversione dell’industria bellica istituita nel 1994”.
“È evidente a tutti (tranne che a certi manager e a certi politici): abbiamo bisogno di caschi per la respirazione ventilata, non di caschi per i piloti degli F-35 – dichiarano sul Manifesto Mao Valpiana, presidente del Movimento Nonviolento, e Francesco Vignarca, coordinatore Rete Italiana per il Disarmo – Abbiamo bisogno di posti letto di terapia intensiva, non di posti di comando nelle caserme. L’industria bellica non è un settore essenziale e strategico: questa può essere l’occasione per un ripensamento e una riconversione necessaria (in primo luogo verso produzioni sanitarie)”. Per questo l’impegno delle reti e movimenti italiani per la Pace e il Disarmo si basa da tempo sulla richiesta di una drastica riduzione delle spese militari, a favore di quelle sociali”…