Patrizia Pallara – Fonte: ©Collettiva
2 marzo 2022
L’Italia approva per decreto l’invio di materiali militari a supporto del governo ucraino, alimentando un conflitto in cui a guadagnarci sono le aziende produttrici di sistemi antimissili e mitragliatrici. Una decisione che favorisce l’escalation del conflitto e pone la questione del ruolo della Nato e dell’Unione europea.
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“Anche se la decisione sul piano normativo è legale, rimangono alcuni problemi di fondo – afferma Giorgio Beretta, ricercatore analista dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere e politiche di sicurezza e difesa di Brescia, che condanna l’invasione militare dell’Ucraina da parte delle forze armate russe -. Innanzitutto dobbiamo ricordare che l’Italia negli anni scorsi ha inviato armamenti in Russia, anche dopo il 2014, anno in cui è entrato in vigore l’embargo di armi deciso a livello europeo per condannare l’intervento militare in Ucraina. Nonostante l’embargo, negli ultimi sette anni l’Europa ha continuato a esportare materiali bellici per 352 milioni di euro. Ciò dimostra che non è questo il modo per risolvere le crisi internazionali, come afferma la nostra Costituzione e ci pone un quesito sul ruolo diplomatico dell’Unione, di promozione della pace e della distensione”…
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