Navi militari all’Egitto: chiediamo un voto in Parlamento

Giorgio Beretta – Fonte : © Unimondo
11 giugno 2020

Ci sono due versioni sull’autorizzazione all’esportazione all’Egitto delle fregate multiruolo Fremm, la Spartaco Schergat e la Emilio Bianchi, originariamente destinate alla Marina Militare italiana. Autorizzazione che è parte di un più consistente affare militare del valore tra 9 e 11 miliardi di euro in corso tra Roma e Il Cairo, di cui dirò a breve.

La prima versione, quella istituzionale, l’ha fornita il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, rispondendo ieri ad una interrogazione di Nicola Fratoianni (LeU) durante il Question Time alla Camera (qui il resoconto stenografico in .pdf). “E’ bene precisare – ha detto il ministro – che la procedura autorizzativa alla conclusione delle trattative per le fregate Fremm Fincantieri è tuttora in corso. Oltre al vaglio di natura tecnico-giuridica, il Governo ovviamente ha ritenuto di svolgere una valutazione politica, che è in corso a livello di delegazione di Governo sotto la guida del Presidente del Consiglio dei ministri”. Niente quindi è stato già definitivamente deciso, o almeno così viene fatto capire…

Le associazioni chiedono un dibattito in Parlamento

Un modo per saperlo con certezza c’è. Porre la materia all’attenzione del Parlamento e esigere che tutte le forze politiche si esprimano e votino riguardo all’affare militare. Lo hanno proposto Rete Italiana per il Disarmo, Rete della Pace insieme a Amnesty International chiedendo a deputati e senatori di “pretendere un dibattito aperto e chiaro in Parlamento”. Le associazioni hanno perciò lanciato una mobilitazione sui social media denominata “#StopArmiEgitto” con la quale chiedono alle forze politiche di bloccare qualsiasi ipotesi di nuove forniture militari all’Egitto. Il dettagliato documento accluso riporta con chiarezza i motivi della necessità della consultazione parlamentare e dell’opposizione all’affare militare: “Questa nuova fornitura militare non solo è in chiara violazione delle norme vigenti, ma rappresenta un esplicito sostegno al regime repressivo instaurato dal generale Al Sisi all’indomani del colpo di Stato del luglio 2013” – scrivono le associazioni…