Le nostre città sono sicure: il pericolo molte volte è tra le mura di casa. L’allarme sicurezza in Italia non c’è, non esiste, non è suffragato dai numeri, nonostante alcuni partiti politici spingano ciclicamente su questo tasto. C’è invece una questione aperta diversa, e riguarda le donne uccise dai loro “cari”, spesso con armi legalmente detenute. L’ultimo Dossier del Viminale sul tema sicurezza, diffuso come sempre a ferragosto, nel cuore dell’estate, per fare il punto su un anno di attività del dicastero, lo mette in chiaro: parlare di allarme criminalità non ha molto senso. Da agosto 2019 a luglio 2020 i delitti in generale sono calati del 18,2 per cento rispetto all’anno precedente. Gli omicidi sono in calo (-16,8 per cento), e quelli di criminalità comune e organizzata sono anch’essi calati fortemente: 19 nell’ultimo anno (erano 28 l’anno precedente).
Come il lockdown ha fatto male alla nostra sicurezza
Non bisogna stancarsi mai di porre all’attenzione del dibattito pubblico però il fatto che più della metà degli omicidi in Italia avviene nel contesto familiare-affettivo: su un totale di 278 omicidi sono stati 149 gli omicidi familiari. Tra questi, ben 58 omicidi, cioè quattro omicidi familiari su 10, si sono verificati proprio nel trimestre di lockdown, in cui sono state 44 le donne uccise, a fronte di 14 uomini.
Se si vanno a prendere in esame gli omicidi avvenuti nel solo periodo del lockdown le vittime per il 75,9 per cento sono donne. Proprio sul periodo di lockdown ha voluto vederci chiaro Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere e Politiche di Sicurezza e Difesa (OPAL), che ha analizzato i dati del dossier. Perché i numeri contano e raccontano, ancora di più quando i numeri e le percentuali sono quelli che riguardano vite umane: familiari, parenti, amici e conoscenti.
Abbiamo contattato Giorgio Beretta, e i numeri che fornisce a Today.it con la sua articolata analisi dei dati resi pubblici dal Ministero dell’Interno si prestano a molte considerazioni….