Redazione – Fonte: © Linkiesta
11 giugno 2019
Nelle prossime settimane arriveranno in Italia altre navi-cargo saudite, col rischio che si carichino di armamenti diretti in Arabia. Malgrado le proteste di organizzazioni e attivisti, però, il governo tace. Conte aveva dichiarato di essere contrario. Nel solo 2018 esportazioni per 108 milioni
L’allarme è di quelli preoccupanti: nelle prossime settimane arriveranno in Italia altre navi-cargo saudite, col rischio fondato che si carichino nei porti nostrani armamenti diretti in Arabia. La stessa Arabia impegnata ormai da quattro anni in una guerra criminale in Yemen che finora ha causato oltre 60mila morti a causa di bombe, buona parte delle quali fabbricate in Italia dalla Rwm, e milioni di sfollati. Basta d’altronde pensare a quanto capitato solo poche settimane fa prima a Genova e poi a Cagliari con l’approdo della compagnia Bahri Yanbu, la più grande flotta della monarchia saudita composta da sei navi-cargo. Se nel primo caso, grazie alle proteste e alla mobilitazione delle associazioni e dei camalli, il carico incriminato è rimasto a terra (almeno per ora), nel secondo con un blitz tanto inaspettato quanto inquietante sono stati caricati 44 container (per un totale, si stima, di circa 6mila bombe) partiti oramai per Gedda.
L’attenzione delle organizzazioni pacifiste ora si sposta soprattutto a Genova, dove i due generatori prodotti dalla Teknel sono rimasti a terra su disposizione della prefettura. «Quel materiale era promiscuo, nessuno sapeva bene dove andasse e la stessa bolla di accompagnamento non era assolutamente esauriente», spiega Enrico Poggi, segretario della Filt-Cgil Liguria, che conferma come negli ultimi giorni si siano susseguiti incontri anche con la stessa Teknel: «Dicono che non è materiale bellico. Queste giustificazioni, però, devono essere date non solo a noi, che comunque abbiamo risposto che non ci saremmo opposti se non avessimo avuto questo forte dubbio, ma anche e soprattutto alla prefettura, che ha disposto di fermare la merce». L’azienda è stata molto chiara nel precisare che si tratta di due generatori per telecomunicazioni che andrebbero in forza alla «Guardia Nazionale Saudita(pari alla Protezione Civile o ai Carabinieri italiani) in caso di Disaster Recovery per mantenere attive le telecomunicazioni durante particolari eventi ambientali». Circostanza plausibile ma, come precisa ancora la Rete per il disarmo, non si può non sottolineare come la stessa Guardia Nazionale, che fa parte delle forze armate saudite, abbia preso parte alla guerra yemenita. Senza dimenticare un altro dettaglio focale: il materiale in questione è esportato ai sensi della legge n.185/1990, che regola l’esportazione di armamenti. E tutto questo non fa che aumentare legittimi dubbi. Anche perché, specifica Giorgio Beretta, analista dell’Opal (Osservatorio Permamente Armi Leggere), «Teknel ha ricevuto l’autorizzazione a esportare all’Arabia saudita questo tipo di gruppi elettrogeni, ovvero generatori elettrici di tipo militare, per la prima volta nel 2018. Un valore complessivo di 7.829.780 euro per 18 gruppi elettrogeni su trailer, dotati di palo telescopico per illuminazione, che alimentano 18 shelter per comunicazione, comando e controllo, in grado di gestire droni, comunicazioni e centri di comando aereo e terrestre».
Una possibile risposta di questo silenzio arriva analizzando la relazione pubblicata qualche settimana fa relativa all’esportazione di armamenti, dalla quale emergono nel 2018 816 esportazioni effettuate nel 2018 per un valore di 108.700.337 euro. Tra queste si evidenziano tre forniture del valore complessivo di 42.139.824 euro attribuibili alle bombe aeree della classe MK80 prodotte dalla Rwm Italia che risalgono ad una autorizzazione rilasciata nel 2016 dal governo Renzi per la fornitura all’Arabia Saudita di 19.675 bombe aeree del valore di oltre 411 milioni di euro. Si tratta delle stesse bombe di cui parla la relazione Onu del 2017 che ha documentato il loro utilizzo in bombardamenti anche su civili in Yemen, tanto da costituire, dice la stessa Onu, «crimini di guerra»… leggi tutto l’articolo