Umberto De Giovannangeli – Fonte: © Globalist
9 giugno 2020
Dopo il via libera dell’Italia alla vendita di due fregate Fremm al Cairo cresce la polemica: “Le useranno per perpetuare le violazioni dei diritti umani contro le quali abbiamo sempre combattuto”.
Traditi. Da un Governo che a chiacchiere chiede verità e giustizia per un giovane massacrato dai torturatori del “Faraone”, e che poi a quel regime di torturatori vende armi e strumenti di morte.
Dicono di sentirsi traditi. Ma pure offesi e indignati per l’utilizzo continuo che si fa del nome del loro figlio, ucciso in Egitto il 3 febbraio del 2016. Nel day after della via libera dell’Italia alla vendita di due fregate Fremm al Cairo, i genitori di Giulio Regeni fanno sentire la loro voce. “Ci sentiamo traditi. Ma anche offesi e indignati dall’uso che si fa di Giulio”, dicono a Repubblica Paola e Claudio Regeni, insieme al loro avvocato, Alessandra Ballerini. “Le navi e le armi che venderemo – continuano – all’Egitto serviranno per perpetuare quelle violazioni dei diritti umani contro le quali abbiamo sempre combattuto”.
…“Con una sola mossa (l’acquisto di sistemi militari italiani) – rimarca su Osservatoriodiritti, Giorgio Beretta, tra i più acuti analisti, in campo pacifista, di spese militari – il presidente al Sisi mira non solo a fare tabula rasa delle rimostranze per la gestione del caso Regeni, ma soprattutto intende accreditarsi agli occhi dell’Italia come un partner affidabile e rispettoso dei diritti umani: quale Paese venderebbe mai un intero arsenale militare ad un autocrate che permette l’assassinio di un suo cittadino? Tanto più quanto questo Paese ha tra le sue leggi quella che vieta espressamente di esportare armi a nazioni “i cui governi sono responsabili di violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani?”…