L’ira del papa contro chi chiude i porti alle persone e li apre alle armi

Luca Kocci – Fonte: © Adista (n. 23 del 22 giugno)
14 giugno 2019

«L’ira di Dio si scatenerà contro i responsabili dei Paesi che parlano di pace e vendono le armi per fare le guerre». È un papa Francesco decisamente all’attacco quello che, lo scorso 10 giugno in Vaticano, ha parlato alla Roaco, la Riunione delle opere di aiuto alle Chiese orientali, durante la quale ha anche annunciato che nel corso del 2020 si recherà in Iraq.

Oltre alle armi, quello dei porti è stato il secondo tema forte del suo breve discorso. Porti che sono chiusi alle navi che salvano vite umane nel Mediterraneo ma vengono spalancati alle navi che invece caricano armi per le guerre in Africa e Medio Oriente, da dove proviene la maggior parte dei migranti. Ed è questa, secondo papa Francesco, la contraddizione, anzi «l’ipocrisia», dell’Europa che parla di pace mentre produce e vende armamenti e respinge coloro che da quei conflitti fuggono.

«Gridano le persone in fuga ammassate sulle navi, in cerca di speranza, non sapendo quali porti potranno accoglierli, nell’Europa che però apre i porti alle imbarcazioni che devono caricare sofisticati e costosi armamenti, capaci di produrre devastazioni che non risparmiano nemmeno i bambini», ha detto Francesco. «Questa ipocrisia è un peccato », ha aggiunto il papa, e prima o poi «l’ira di Dio si scatenerà contro i responsabili dei Paesi che parlano di pace e vendono le armi per fare queste guerre».

Parole mirate, dal momento che proprio nelle scorse settimane, alla fine di maggio, nell’Italia dei «porti chiusi» ai migranti del vicepremier ministro dell’Interno Matteo Salvini sono transitate, provenienti da Belgio e Francia, due navi battenti bandiera dell’Arabia Saudita, per fare rifornimento di armamenti per la guerra in Yemen. La prima, la “Bahri Yanbu”, a Genova, è stata respinta dalle proteste dei camalli e delle associazioni pacifiste. La seconda, invece, la “Bahri Tabuk”, arrivata all’alba e di nascosto a Cagliari, probabilmente è riuscita a caricare armi, forse le bombe prodotte dalla Rwm di Domusnovas (v. Adista Notizie n. 22/19).

Le bastonate di Francesco

Alle parole di papa Francesco plaude il mondo pacifista, sia laico che cattolico. «Gesù disse a Pietro “rimetti la spada nel fodero”, quindi ci si può aspettare che il papa dica no alle armi», commenta le parole del papa con Adista Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Italiana per il Disarmo. Ma, aggiunge, «quello del pontefice non è un richiamo generico alla “peace and love”, bensì è un discorso che contiene importanti elementi politici: i produttori e gli esportatori di armi vengono individuati come precisi corresponsabili delle guerre, quindi si può agire per fermare la guerra, per esempio i governi, compreso il governo italiano, potrebbero intervenire per bloccare il commercio degli armamenti, magari chiudendo i porti non ai migranti ma ai cargo che caricano materiale bellico. Basta solo decidere. Per questo il discorso del papa tocca un nervo scoperto della politica». Aggiunge Vignarca: «Mi sembra di cogliere un’eco della Pacem in terris di Giovanni XXIII: anche quella enciclica non si limitava solo a fare appelli generici, ma entrava nel concreto delle situazioni».

«Le parole di papa Francesco – spiega Piergiulio Biatta, presidente dell’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere e le politiche di sicurezza e difesa (Opal) di Brescia – sono di grande rilevanza sia per l’importante consesso in cui sono state pronunciate sia, soprattutto, per il contenuto. “L’ira di Dio” evocata dal papa non è rivolta, infatti, solo ai trafficanti di armi, ma a tutti i responsabili delle vendite di armamenti a Paesi in guerra, anche a quelli che lo fanno sfruttando le norme internazionali e nazionali sul commercio di armi». E l’Italia è tra questi Paesi. «Riteniamo – prosegue Biatta – sia venuto il momento che nell’episcopato italiano si apra una seria riflessione sulle esportazioni di armi dal nostro Paese: riflessione che deve entrare nelle parrocchie e nelle chiese. Abbiamo incentivato questo percorso con un convegno tenutosi a Roma lo scorso marzo che è stato significativamente promosso insieme a numerose associazioni e all’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro e all’Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della Cei. A inizio anno, i vescovi della Sardegna, la zona dove vengono prodotte le famigerate bombe aeree vendute ai sauditi per bombardare lo Yemen, hanno emanato un coraggioso messaggio su questo tema: sarebbe bene che anche gli altri episcopati, in particolare quelli della Lombardia e del nord Italia che sono le zone di maggior produzione di armi leggere e di sistemi militari italiani e dove hanno sede le banche che fanno affari con le armi, si pronunciassero. Noi, come Osservatorio, siamo disponibili ad offrire tutto il nostro apporto».

«A Cagliari la prossima marcia della pace»

Anche per mons. Giovanni Ricchiuti, vescovo di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti e presidente di Pax Christi, «il papa ha toccato un nodo decisivo: si chiudono i porti ai migranti che cercano un futuro diverso e invece si aprono per incassare i soldi della vendita delle armi e addirittura si addobbano trionfalisticamente per inaugurare la nuova portaerei “Trieste”, a Castellammare di Stabia lo scorso 25 maggio, costata oltre un miliardo di euro e che potrà ospitare anche i cacciabombardieri F-35. Su queste contraddizioni, come Chiesa non possiamo e non dobbiamo tacere» (v. Adista online del 3 giugno 2019). Come non hanno taciuto, ricorda il presidente di Pax Christi, i vescovi sardi, che qualche mese fa, in una lettera aperta della Conferenza episcopale sarda, hanno chiesto lo stop alla produzione di bombe della Rwm (l’azienda di Domusnovas che vende armi all’Arabia Saudita per la guerra in Yemen, v. Adista Notizie nn. 40 e 43/15; 6, 7, 9, 31 e 36/16; 19, 30 e 34/17; 19, 29 e 41/18; 4 e 19/19) e la riconversione della fabbrica. E a questo proposito, Ricchiuti anticipa ad Adista: «La prossima Marcia della pace del 31 dicembre, promossa da Pax Christi, si svolgerà a Cagliari, anche per mettere nuovamente sotto i riflettori il caso della Rwm»… leggi tutto l’articolo