Giorgio Beretta – Fonte: © Osservatorio Diritti
26 marzo 2019
Ecco cosa cambia davvero con la riforma dell’art. 52 del codice penale sulla legittima difesa in Italia. La nuova legge, che approda oggi in Senato, renderà tutti meno sicuri: maggiore diffusione delle armi e più reati. Sullo sfondo, gli interessi dei produttori di armi e quelli elettorali
Qualche settimana fa sono stato intervistato da una tv americana, la CBS News. Spenti i microfoni, l’intervistatore mi ha chiesto se sapevo il numero di omicidi per furti e rapine in Italia nell’ultimo anno. Citandogli i dati ufficiali dell’Istat, gli ho risposto: «Sedici». Mi ha guardato sbalordito e mi ha chiesto di ripeterlo. «Yes, sixteen», gli ho replicato. «Ma è il numero di omicidi che si verificano in una settimana a Chicago!», mi ha risposto.
Legittima difesa al Senato: testo basato su menzogna
Il testo della riforma della legge sulla legittima difesa (articolo 52 del Codice penale) che oggi arriva in Senato per la discussione e l’approvazione finale, è stato presentato evidenziando l’aumento dei reati violenti per furti e rapine nelle abitazioni e negli esercizi commerciali a danno dei cittadini. Si tratta di una colossale menzogna.
Tutti i dati ufficiali – che i promotori della legge si guardano bene dal far conoscere – sono eloquenti. Innanzitutto, gli omicidi sono in forte calo rispetto agli anni Novanta (da 1.916 omicidi volontari nel 1991 a 368 nel 2017). In particolare, mostrano una consistente diminuzione gli omicidi compiuti dalla criminalità organizzata (da 342 a 55) e ancor più quelli commessi dalla criminalità comune (da 879 a 144).
I furti nelle abitazioni sono tornati ai livelli di trent’anni fa, prima cioè del fenomeno dell’immigrazione. Le rapine negli esercizi commerciali nell’ultimo decennio sono in consistente calo (da 8.149 nel 2007 a 4.517 nel 2017) e anche quelle nelle abitazioni sono meno di dieci anni fa (erano 2.529 nel 2007, sono state 2.301 nel 2017).
Ma, soprattutto, sono più che dimezzati gli omicidi per furti o rapine: si passa da una media annuale di oltre 80 omicidi ad inizi anni Novanta a circa 30 nell’ultimo quinquennio. Nel 2017 gli omicidi per furti o rapine nelle case degli italiani sono stati 16: è il numero più basso da 30 anni ad oggi. Dov’è l’emergenza?
Riforma codice penale (art. 52) a propulsione mediatica
Non vi è, quindi, alcun indicatore dei reati che giustifichi la modifica della legge sulla legittima difesa. Questa modifica, infatti, non dipende dall’aumento dei crimini in Italia, bensì viene proposta per capitalizzare, per scopi propagandistici e politico-elettorali, la percezione di insicurezza che molti italiani, soprattutto i più anziani, provano a fronte del mutamento del tessuto sociale e dei fenomeni migratori.
Uno studio realizzato da Alberto Parmigiani per Lavoce.info nel settembre 2017 evidenzia come tra il 2005 e il 2015 il tempo medio occupato dalla cronaca nera nei telegiornali pubblici dei principali Paesi europei sia stato del 4,7% contro l’8% dei Tg Rai, nonostante in Italia non vi sia alcuna relazione diretta tra tempo di copertura della “cronaca nera” e numero di reati. Tre ore al giorno è il tempo medio che le sette principali reti televisive italiane – Rai, Mediaset e La7 – dedicano alla cronaca nera, spesso portando ed esasperando nell’agenda giornalistica nazionale fatti di cronaca locale.
Con nuova legge più reati e legittima difesa domiciliare
Come ha evidenziato l’Associazione italiana dei professori di diritto penale (Aipdp), questa modifica ci fa passare dal «diritto di legittima difesa» al «diritto di difesa» nelle abitazioni, negli esercizi commerciali e professionali. E, soprattutto, alla difesa con le armi.
Anche se Salvini insiste a propagandare l’idea che ci si difenderà «con il mattarello della nonna», la nuova norma – rendendo sempre legittima la difesa «con armi legittimamente detenute» – porterà molte persone ad armarsi.
Vi saranno due prevedibili conseguenze, entrambe molto pericolose. Innanzitutto avremo un aumento degli omicidi a seguito di furti e rapine, ma non è affatto detto che le vittime saranno solo o principalmente i rapinatori, perché anche costoro si doteranno di armi e le useranno per aggredire e difendersi.
Ma, soprattutto, vi sarà un consistente aumento di omicidi con armi da fuoco in ambito familiare e interpersonale che sono, già oggi, gli ambiti più pericolosi e in cui si verificano più di un terzo degli omicidi, cioè tanti quanti ne commettono le mafie o la criminalità comune. Nel 2017, a fronte di 16 omicidi per furti e rapine, sono stati più di 40 omicidicon armi detenute da legali detentori di armi.
Come avverte una ricerca del Censis, «con il cambio delle regole e un allentamento delle prescrizioni, ci dovremmo abituare ad avere tassi di omicidi volontari con l’utilizzo di armi da fuoco più alti e simili a quelli che si verificano oltre Oceano. Le vittime da arma da fuoco potrebbero salire in Italia fino a 2.700 ogni anno, contro le 150 attuali, per un totale di 2.550 morti in più». Nessuna maggior sicurezza, quindi. Anzi, l’esatto contrario.
Legittima difesa in Italia: gli interessi in gioco
Ma allora perché questa riforma? Chi ha interesse a promuovere le politiche che incentivano la diffusione delle armi? Innanzitutto i produttori italiani di armi. Da diversi anni, infatti, il mercato delle armi da caccia in Italia è in forte crisi. Va quindi creato un nuovo mercato, quello appunto delle armi da difesa personale (pistole, revolver, fucili a pompa e anche fucili semiautomatici, quelli che vengono usati per fare stragi in America). E per incentivare questo mercato occorre far leva sulla paura e sulla necessità di difendersi.
Proprio per questo le aziende produttrici di armi hanno dato il loro sostegno ad associazioni di cosiddetti “appassionati” il cui obiettivo dichiarato in pubblico è quello di promuovere “i diritti” dei detentori legali di armi, ma la cui reale intenzione è quella di introdurre in Italia un vero e proprio “diritto alle armi”, come negli Stati Uniti.
Il leader della Lega, Matteo Salvini, si è fatto promotore delle istanze di queste associazioni firmando l’anno scorso a HIT Show, la fiera delle armi di Vicenza, un “Patto d’onore”: lo ha fatto perché conosce bene la capacità di queste associazioni e dei produttori di armi di convogliare verso di lui il voto di quella parte dell’elettorato che invoca a gran voce norme meno restrittive sulle armi e, soprattutto, di poterle usare con maggior facilità.
Lo hanno capito anche i giornalisti della tv americana CBS News, di cui ho parlato più sopra. «Più del 50% delle armi comuni prodotte in Italia viene esportato negli Stati Uniti. È venuto il momento che l’Italia, in ritorno, cominci ad importare qualcosa: parts of America’s gun culture», parti della cultura americana delle armi.