Giorgio Beretta – Fonte: © Unimondo
22 giugno 2016
Sono riprese, nel silenzio generale, le spedizioni di bombe aeree dall’Italia all’Arabia Saudita. L’informazione è confermata dal registro del commercio estero dell’ISTAT che riporta 123 quintali (Kg. 122.835) di “armi e munizioni” – ma di fatto sono bombe – per un valore di oltre 4,6 milioni di euro (€4.679.875) inviate nel mese di marzo all’Arabia Saudita dalla provincia di Cagliari. Spedizioni che risultano in aperto contrasto con la risoluzione del Parlamento europeo, approvata ad ampia maggioranza lo scorso marzo, che chiede di imporre un embargo sulle forniture militari all’Arabia Saudita in considerazione delle “gravi accuse di violazione del diritto umanitario internazionale da parte di tale paese nello Yemen”.
L’Europarlamento ha assunto questa decisione perché “gli attacchi aerei della coalizione militare a guida saudita nello Yemen hanno colpito bersagli civili, tra cui ospedali, scuole, mercati, magazzini cerealicoli, porti e un campo di sfollati, danneggiando gravemente infrastrutture essenziali per la fornitura degli aiuti”. “Dall’inizio del conflitto – si legge nel documento – sono state uccise almeno 5.979 persone, quasi la metà delle quali civili, e 28.208 sono rimaste ferite e tra le vittime si contano centinaia di donne e bambini”.
Dallo sorso ottobre spedizioni di bombe aeree prodotte nello stabilimento di Domusnovas in Sardegna dalla RWM Italia, azienda tedesca del gruppo Rheinmetall, erano state ampiamente documentate grazie alle informazioni fornite dai parlamentari sardi Roberto Cotti (M5S) e Mauro Pili (Unidos): stavolta invece non è trapelata alcuna notizia. Evidentemente l’azienda e le autorità aeroportuali hanno preso maggiori cautele, rispetto a quelle già prese in precedenza, per non permettere ai parlamentari e ai media di venire a conoscenza di queste spedizioni. Ma non è da escludere che il Ministero della Difesa, a fronte della risoluzione dell’europarlamento, abbia deciso di fornire i propri mezzi per provvedere alla consegna degli ordigni: nei mesi scorsi la ministra della Difesa, Roberta Pinotti, è infatti apparsa alquanto infastidita dalle domande di chiarimento da parte di alcuni media nazionali sull’invio di bombe ai sauditi ed è arrivata a sostenere che le bombe sarebbero solo “transitate” nel nostro paese.
Come ho documentato in uno studio (qui in .pdf) per l’Osservatorio OPAL di Brescia, negli anni scorsi l’azienda RWM Italia aveva ricevuto autorizzazioni all’esportazione di diverse tipologie di bombe aeree tra cui le bombe a caduta libera della serie MK80 e anche per bombe di tipo Paveway IV, ma buona parte di queste bombe sono state spedite ai sauditi dopo l’intervento militare della coalizione a guida saudita in Yemen che è stato messo in atto dal marzo 2015 senza alcuna legittimazione da parte delle Nazioni Unite. Non solo: nonostante il Segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, abbia ripetutamente condannato i bombardamenti aerei della coalizione a guida saudita e numerose associazioni, tra cui Amnesty International e Human Rights Watch, abbiano più volte stigmatizzato i bombardamenti come “possibili crimini di guerra”, le spedizioni di bombe dall’Italia sono continuate pressoché indisturbate. La Rete italiana per il Disarmoha perciò ritenuto necessario presentare un esposto in diverse procure per chiedere alla magistratura di verificare possibili violazioni della legge 185 del 1990 che vieta l’esportazione di materiali di armamento “verso i paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei ministri, da adottare previo parere delle Camere” e “verso paesi la cui politica contrasti con i principi dell’articolo 11 della Costituzione”…leggi tutto l’articolo