Il Parlamento verifichi i criteri e le modalità adottati da Agenzie Industrie Difesa nella vendita dei materiali militari dismessi

L’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere e Politiche di Sicurezza e Difesa (OPAL) di Brescia e l’Osservatorio the Weapon Watch di Genova evidenziano le criticità e sollevano diversi interrogativi circa la conformità di alcune operazioni compiute dall’Agenzia Industrie Difesa, ente di diritto pubblico che agisce per conto del Ministero della Difesa.

Si tratta delle operazioni che riguardano la vendita alla RUAG Holding, società svizzera di Stato nel settore armamenti, di un centinaio di carri armati Leopard 1A5, dismessi dall’Esercito italiano.

Il caso è divenuto di pubblico dominio grazie a un’inchiesta della Radiotelevisione della Svizzera italiana. Riguarda l’intricata e poco trasparente vicenda dei carri armati venduti nel 2016 per 4,5 milioni di euro ma mai ritirati dall’acquirente, e tuttora in deposito in un magazzino sito in Villesse (Gorizia). È una vicenda che mette in luce la corsa al profitto facile scatenatasi come effetto secondario della guerra ucraina: mezzi corazzati acquistati per 45.000 euro l’uno, rivenduti per 500 euro, passati di mano in mano, e che oggi potrebbero valere circa un milione di euro l’uno, per poi essere inviati in Ucraina. Del caso di stanno occupando anche la magistratura elvetica e quella tedesca.


I nostri interrogativi sorgono dal fatto che
non risulta che AID abbia richiesto all’autorità competente, UAMA, alcuna autorizzazione all’esportazione di quei carri, autorizzazione necessaria ai sensi della Legge 185/1990: una mancanza che si può verificare dalla lettura delle Relazioni al Parlamento sulle operazioni autorizzate per il trasferimento dei materiali di armamento, dal 2013 – anno di iscrizione di AID al Registro nazionale delle imprese – al 2022, ultima relazione pubblicata.


Ai sensi della Legge 185, l’autorizzazione andava richiesta considerato che
il contratto AID-RUAG riguardava materiale militare, e non rottami di ferro, come conferma il fatto che il contratto stesso si componesse di 4.760 voci, tra cui decine di migliaia di pezzi di ricambio, dettagliati in 131 pagine di allegati. Inoltre l’azienda acquirente aveva manifestato l’intenzione di ricondizionare i carri armati, che erano stati scelti nella versione più recente tra quelli dismessi dall’Esercito italiano, per rivenderli all’esercito brasiliano, affare poi non andato in porto ma che avrebbe dovuto essere specificato come destinazione finale del contratto.


In ogni caso l’intenzione del compratore di rendere efficaci i mezzi acquistati è stata resa manifesta
dal loro invio dal parco dei mezzi cingolati e corazzati dismessi di Lenta (Vercelli) al deposito nei
pressi dell’azienda Goriziane Group di Villesse, specializzata nel ricondizionamento e manutenzione dei veicoli corazzati militari.


L’autorizzazione era altresì obbligatoria per la presenza di un ingente quantitativo di pezzi di
ricambio, come specificato dall’art. 11, comma 2, della Legge 185
, specifico per i paesi non
aderenti all’Unione europea, com’è il caso della Confederazione elvetica. In casi analoghi AID ha richiesto e ottenuto l’autorizzazione al Ministero dagli esteri attraverso l’apposito ufficio UAMA, ad esempio nella vendita alla Grecia di quasi sette milioni di pezzi di ricambio per Leopard 1A5, nel 2018.


Infine, notiamo che AID ha indicato all’acquirente di pagare in quattro rate presso
la Banca UBAE,
l’Unione delle Banche Arabe ed Europee il cui azionista di maggioranza è la Libyan Foreign Bank
la ex cassaforte off-shore di Gheddafi, ora destinataria dei proventi petroliferi libici – che
annovera tra gli azionisti di minoranza anche nomi di importanti imprese italiane, tra cui Unicredit,
ENI, Intesa Sanpaolo e Telecom Italia.


L’Osservatorio OPAL aveva
già segnalato questa anomaliastridente, trattandosi di operazioni
gestite per conto del Ministero della difesa, di cui AID è emanazione – in un
precedente rapporto pubblicato nel 2020 , in cui si riferiva l’utilizzo della banca libica in operazioni di AID sull’estero assai poco lineari. Allora come oggi, non c’è alcuna attinenza tra la specializzazione di Banca UBAE nel favorire gli scambi con il Nordafrica e il mondo arabo e il caso del contratto RUAG, società con sede a Berna e al 100% controllata dallo stato svizzero.


Le associazioni invitano perciò il Parlamento a intervenire per richiedere al Governo e all’Autorità nazionale UAMA (Unità per le Autorizzazioni dei Materiali di Armamento) precise spiegazioni riguardo alle operazioni svolte dall’Agenzia Industrie Difesa.


Le associazioni invitano infine il Parlamento ad avviare nelle Commissioni competenti l’esame
della Relazione governativa sulle esportazioni di materiali militari relative all’anno 2022 invitando in specifiche audizioni i rappresentanti delle associazioni della società civile che da anni sono attente al tema del commercio di armamenti
.


Per contatti stampa:

Carlo Tombola (The Weapon Watch) – Email: info@weaponwatch – Cellulare: 349/6751366
Domenico Cortese: (OPAL) – Email: mimmo.cortese@gmail.com – Cellulare: 335/1820961
Segreteria di OPAL: info@opalbrescia.org

L’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere e le Politiche di Sicurezza e Difesa (OPAL) di Brescia è un Ente del Terzo Settore attivo dal 2004, promosso da diverse realtà dell’associazionismo bresciano e nazionale (Collegio Missioni Africane dei Missionari Comboniani, Diocesi di Brescia, Associazione per l’Ambasciata della Democrazia Locale di Zavidovici, Camera del Lavoro Territoriale di Brescia “CDLT”, Pax Christi – Movimento Cattolico Internazionale per la Pace, Pia Società di San Francesco Saverio per le Missioni Estere (Missionari Saveriani), No One Out e da singoli aderenti, per sostenere la cultura della pace ed offrire alla società civile informazioni di carattere scientifico circa la produzione, il commercio e la diffusione delle “armi leggere” con approfondimenti sull’attività legislativa di settore. Membro della Rete Italiana Pace e Disarmo, l’Osservatorio, ha promosso a Brescia diversi convegni, rassegne cinematografiche e spettacoli teatrali ed ha pubblicato numerose ricerche e sei annuari di cui l’ultimo dal titolo “Commerci di armi, proposte di pace. Ricerca, attualità e memoria per il controllo degli armamenti”, Editrice GAM, 2014 nel quale sono presenti due ampi studi sulla produzione e esportazione di armi italiane e bresciane. Tutte le informazioni sono disponibili sul sito: www.opalbrescia.org.

THE WEAPON WATCH – Osservatorio sulle armi nei porti europei e del Mediterraneo è un’associazione senza
scopo di lucro, con sede a Genova, a cui aderiscono lavoratori del porto, ricercatori, pubblicisti, attivisti per la pace e
antimilitaristi. Ha per scopo il monitoraggio della logistica per la difesa e in particolare il transito degli armamenti
attraverso i porti italiani ed europei. I suoi valori sono la conoscenza, l’informazione, l’internazionalismo, la solidarietà.
Tutte le informazioni sono disponibili sul sito:
www.weaponwatch.net

Nella foto: carri armati Leopard 1 stoccati a Villesse, Friuli Venezia Giulia. La foto è stata scattata dalla Radiotelevisione Svizzera il 23 agosto 2023.

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