di Giuseppe Luca Scaffidi – Fonte: © Rolling Stone
27 luglio 2021
Non esiste un censimento attendibile di quante armi siano detenute legalmente nel nostro Paese, e secondo gli esperti l’Italia si sta avvicinando sempre più al “modello americano”
Nelle ultime settimane, anche a causa dell’eco mediatica seguita all’omicidio di Voghera e alle bizzarre dichiarazioni del candidato sindaco del centrodestra a Milano, il medico Luca Bernardo – che, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, ha fatto sapere di essere entrato all’interno del reparto di Pediatria dell’ospedale Fatebenefratelli munito di una pistola – il tema relativo alla facilità d’accesso alle armi da parte dei civili è tornato al centro del dibattito pubblico. […]
In assenza di un monitoraggio istituzionale attendibile, le uniche statistiche su cui potere fare affidamento sono quelle realizzate da alcune associazioni di promozione sociale particolarmente interessate al tema, come ad esempio le ricerche pubblicate dall’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere e le Politiche di Sicurezza e Difesa (OPAL), che hanno spesso evidenziato come, al contrario di come una certa narrazione vorrebbe far credere, ottenere un’arma in Italia non sia poi così difficile. [….]
Intervistato da Avvenire, il direttore dell’Opal Giorgio Beretta ha sottolineato come questa regolamentazione farraginosa abbia legittimato, nel corso degli anni, un avvicinamento dell’Italia al cosiddetto “modello americano”, dato che “tra il 2017 e il 2019 in Italia un omicidio su 10 è stato commesso con armi regolarmente detenute”. In questo contesto, almeno 131 omicidi sono stati “perpetrati da detentori legali, a fronte di 91 di tipo mafioso e di 37 per furto o rapina”. Di conseguenza, anche se è difficile da credere, oggi in Italia “è più facile essere uccisi da un legale detentore di armi che dalla mafia o dai rapinatori”.
Beretta ha poi evidenziato altre criticità della normativa italiana sulle armi: ad esempio, non sono richiesti esami psichiatrici né tossicologici e per il rinnovo è sufficiente una semplice visita medica, come per la patente; inoltre, a risultare carente è anche il controllo ex post – ad esempio, una volta ottenuta la licenza per tiro sportivo, non c’è bisogno di dimostrare che si vada davvero al poligono o di essere iscritti a una federazione, una lacuna che si trasforma, spesso, in un lasciapassare privilegiato per consentire a chiunque l’acquisto di un’arma, che rende possibile per chiunque accumulare un vero e proprio arsenale: la licenza per la pratica sportiva consente, infatti, di detenere tre pistole semiautomatiche con caricatori fino a 20 colpi (prima delle modifiche introdotte dal governo Conte 1 erano 15), 12 fucili semiautomatici (prima massimo 6) e un numero illimitato di fucili da caccia. […]