Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere – OPAL di Brescia, ha analizzato questi flussi: “Se ci concentriamo sulle nuove autorizzazioni (cioè su quello che dal 2019 in poi è possibile produrre e poi esportare) troviamo l’Arabia Saudita all’undicesimo posto con ben € 105.400.000 e gli Emirati Arabi Uniti al dodicesimo posto con € 89.900.000. Se nel secondo caso si tratta di un dimezzamento rispetto al record del 2018, per l’Arabia Saudita c’è invece una rilevante risalita dopo due anni di bassi volumi di licenze”.
Perchè il coronavirus non è riuscito a fermare l’export delle armi italiane?
“Non solo il coronavirus non ha fermato l’export militare, ma addirittura il governo ha concesso alle aziende a produzione militare di continuare a lavorare nonostante l’epidemia. Ovvio hanno dovuto assumere precauzioni, ma il decreto governativo del 25 marzo scorso esplicitava che ‘sono consentite le attività dell’industria dell’aerospazio e della difesa, nonché le altre attività di rilevanza strategica per l’economia nazionale, previa autorizzazione del Prefetto della provincia ove sono ubicate le attività produttive’. La produzione militare è dunque considerata ‘strategica’: quella di kit sanitari, tamponi, respiratori polmonari e apparecchiature mediche è lasciata alla libera iniziativa e al libero mercato. Sarebbe questa la tutela della nostra sicurezza e della nostra salute?”…