14 giugno 2019
La relazione sull’export italiano di armamenti 2018 segna un calo delle autorizzazioni, ma non un cambio di indirizzo
Lo scorso 13 maggio, con oltre un mese di ritardo sulla data prevista per legge, è stata pubblicata sul sito della Camera dei Deputati la relazione governativa sull’export italiano di armamenti(divisa in due volumi: qui il primo, qui il secondo), relativo alle autorizzazioni concesse e le consegne avvenute nel 2018.
Il documento, redatto dal governo e dall’Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento (Uama), segnala che il valore delle autorizzazioni all’esportazione è dimezzato, passando dai dieci miliardi di euro del 2017 a poco più di 5 miliardi. Ma che cosa racconta questo dato? Significa che siamo diventati un Paese disarmista?
La traduzione di questi numeri in volontà politica sarebbe però scorretto: è difficile dire o meno se il governo Conte abbia esercitato maggior prudenza o maggiori restrizioni sulle esportazioni. Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere e le Politiche di Sicurezza e Difesa di Brescia (Opal), spiega che «si tratta di un calo fisiologico dovuto ai consistenti ordinativi di armamenti assunti negli anni scorsi: si tratta di oltre 32 miliardi di euro nel triennio 2015-17, in gran parte per sistemi militari complessi (aerei, elicotteri, navi, ecc.), la cui produzione sta impegnando e terrà impegnate le nostre aziende militari per diversi anni. Anche nel 2018 le aziende del settore armiero hanno lavorato a pieno ritmo fornendo sistemi militari a più di 90 paesi per un valore complessivo di oltre 2 miliardi e 225 milioni di euro».
«La stragrande maggioranza delle licenze e poi delle consegne – conclude Vignarca – non è tracciabile. Paradossalmente ne sappiamo di più perché le industrie fanno comunicati, contente di vendere, piuttosto che dai dati ufficiali, perché non ci permettono di avere un incrocio, non ci permettono di sapere quale azienda ha venduto a quale Paese e per quale importo. Da una parte ci balzano all’occhio le grosse commesse per i nostri sistemi d’arma, ma in realtà poi le armi che vengono maggiormente usate sono le munizioni, sono i missili, sono gli ordigni di questa natura, e noi non avremmo saputo nulla delle consegne ad esempio verso l’Arabia Saudita, che tanto sono state alle cronache, se non ci fosse stata una mega commessa da 400 milioni, perché quelle più piccole, da 20, 30 o 40 milioni, che però sono un sacco di bombe e un sacco di missili, scompaiono alla nostra tracciabilità, proprio perché mancano informazioni di base. Noi continueremo a batterci perché questa è un’informazione che va data all’informazione pubblica ma soprattutto ai parlamentari»… leggi tutto l’articolo