Così l’industria bellica italiana arma le guerre di Erdogan

Giorgio Beretta – Fonte: ©  Il Nuovo Manifesto
04 febbraio 2018

È uno dei maggiori clienti delle nostre aziende militari, soprattutto quelle a controllo statale come Leonardo (già Finmeccanica) e Fincantieri. Al quale l’Italia esporta un ampio arsenale bellico: dalle pistole ai fucili mitragliatori, dai veicoli terrestri agli aeromobili, dalle apparecchiature per la direzione del tiro fino a bombe, siluri, razzi e missili.

È la Turchia di Erdoagan alla quale nel 2016 (ultimo dato disponibile) il governo Renzi ha autorizzato esportazioni di sistemi militari per oltre 134 milioni di euro. Una cifra, tutto sommato, modica che però fa di Ankara il decimo acquirente della nostra industria militare. Una cifra ben lontana dagli oltre 1 miliardo di euro per la produzione in Turchia di 51 elicotteri modello Mangusta (diventati 61 nel 2010) ribatezzati TAI T129 ATAK. Licenza autorizzata nel 2007 ai tempi del governo Prodi per la quale le associazioni della Rete Italiana pe il Disarmo e Amnesty International avevano chiesto di sospendere considerata la possibilità di utilizzo di questi elicotteri d’attacco al suolo da parte dell’aeronautica militare turca nei territori curdi. Ma ufficialmente sono stati venduti – è questo il mantra ricorrente dei nostri ministri della Difesa – per contrastare il terrorismo internazionale e soprattutto l’Isis-Daesh di cui la Turchia è uno dei nostri principali alleati.

Lo ha ribadito la ministra Pinotti lo scorso maggio quando si è incontrata a Istanbul col suo omologo Fikri Isik. In quell’occasione la Ministra ha rilevato come «in un momento in cui la guerra in Siria estende la minaccia terroristica anche alle Nazioni confinanti, l’Italia ha risposto positivamente alla richiesta della Nato di intervenire a rotazione con gli altri Paesi membri». «L’Italia continua a sostenere con forza l’impegno della Nato sul fronte est e sud e in questo contesto rientra la cooperazione con la Turchia per la protezione dei confini con la Siria» spiegava la ministra Pinotti. «Nell’ambito delle rotazioni degli impegni assunti da diversi Paesi Nato, abbiamo offerto tempo fa la nostra disponibilità a sostituire la batteria missilistica spagnola che aveva finito il proprio periodo, e lo abbiamo fatto perché riteniamo che la Nato debba essere impegnata a 360 gradi sul fronte est e su quello sud»…leggi tutto l’articolo sol PDF