Fausta Chiesa – Fonte: ©Corriere della Sera
24 gennaio 2019
A farci perdere l’innocenza era stato il New York Times, con il reportage «Bombe italiane, morti yemenite» sulla vendita all’Arabia Saudita di armi prodotte in Sardegna dalla Rwm Italia e pubblicato un anno fa. L’azienda è di proprietà del produttore tedesco Rheinmetall, ma la fabbrica delle bombe che si trova a Domusnovas nella provincia di Carbonia Iglesias è della Spa italiana. Sono ordigni made in Italy venduti principalmente all’Arabia Saudita, Paese guida della coalizione araba (composta da Bahrein, Egitto, Kuwait, Sudan ed Emirati Arabi Uniti) che dal marzo del 2015 combatte gli Houthi e bombarda lo Yemen. Ora la vicenda è tornata di attualità: la Rwm intende ampliare l’impianto sardo. Rheinmetall non può più vendere armi all’Arabia Saudita perché la Germania in novembre ha introdotto l’embargo totale sullo vendita di materiale bellico in seguito all’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi, ucciso nel consolato di Riad a Istanbul il 2 ottobre. L’embargo però non riguarda Rwm, che ha la sede legale in Italia.
Dati ufficiali
Il caso non soltanto ha prodotto un movimento che comprende i vescovi sardi e diverse associazioni e che chiede la riconversione della fabbrica verso una produzione civile, ma ha riportato l’attenzione sulla vendita di armamenti prodotti in Italia a Paesi che non sono nostri alleati e che violano i diritti umani o sono coinvolti in conflitti.
La tendenza è all’aumento, come mo- strano i dati ufficiali del governo italiano che in base una legge deve inviare ogni anno al Parlamento una relazione sulle autorizzazioni all’export di materiale militare. «Nel 2016, anno del record storico, sono stati autorizzati con- tratti per 14,6 miliardi di euro con un aumento dell’85 per cento rispetto al 2015 e del 452 per cento rispetto al 2014», dice Francesco Vignarca, porta- voce della Rete Italiana per il Disarmo. Nel 2017 le autorizzazioni sono scese, ma un dato preoccupa: la crescita delle autorizzazioni per i Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa. I primi 12 Paesi destinatari sono Qatar, Regno Uni- to, Germania, Spagna, Usa, Turchia, Francia, Kenya, Polonia, Pakistan, Algeria e Canada.
«Negli ultimi tre anni la percentuale di Paesi non Nato e non Ue ha superato il 50 per cento», dice Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, che cita come fonte l’Osservatorio Permanente Armi Leggere (Opal). «Vendiamo sempre di più a Paesi non alleati e questo aumenta il rischio che le armi arrivino dove i diritti umani non sono garantiti.
Come la Turchia
Dove preoccupa il regime autoritario di Erdogan, il Kuwait e gli Emirati Arabi Uniti, impegnati nella guerra in corso nello Yemen». La Rete del Disarmo ha tracciato una mappa della produzione bellica in Italia.
E la mappa ricostruita dalla Rete del Disarmo è anche di tipo geografico… Leggi tutto l’articolo