Piergiulio Biatta – Fonte: © La Voce del Popolo
L’opinione del Presidente dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa – Opal a 30 anni dall’entrata in vigore, il 9 luglio 1990, della Legge n. 185 che ha stabilito “Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento”
Sono trascorsi esattamente 30 anni dall’entrata in vigore, il 9 luglio 1990, della Legge n. 185 che ha stabilito “Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento”. La legge fu approvata dal Parlamento con un’ampia maggioranza dopo cinque anni di intensi lavori durati due legislature.
Una normativa fortemente voluta da un ampio movimento dell’associazionismo cattolico e laico anche a seguito delle inchieste sui traffici di armi da parte dell’Italia durante gli anni ottanta. Tra le iniziative di quegli anni vanno ricordate, oltre alle denunce di padre Alex Zanotellli e dei compianti mons. Tonino Bello e padre Eugenio Melandri, soprattutto le mobilitazioni della campagna “Contro i mercanti di morte” promossa dalle Acli, Pax Christi, Mani Tese e Mlal e dalle riviste Missione Oggi e Nigrizia con il sostegno di ampi settori dei sindacati dei lavoratori metalmeccanici.
Nonostante le modifiche apportate nel corso degli anni al fine, come spiega il legislatore, di aggiornarla “al ruolo dell’Italia nel nuovo quadro internazionale” e alle “mutate esigenze del comparto della difesa”, la legge 185/1990 ha mantenuto le sue caratteristiche originarie. Una legge che è, dunque, tutt’oggi attuale e sostanzialmente valida. Ma che risulta per lo più inapplicata. O meglio che è stata e viene tutt’ora applicata badando soprattutto a non incorrere in plateali violazioni, invece che a metterne in atto i principi ispiratori ed i criteri di valutazione. Un confronto tra le norme della legge e i dati sulle esportazioni militari è indicativo di questa tendenza…
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