Redazione – Fonte: © Radio Onda D’Urto
2 Febbraio 2021
Torniamo a occuparci della decisione del Governo italiano di revocare l’esportazione di missili e bombe d’aereo verso Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti. Una decisione che le associazioni pro-disarmo hanno definito di portata storica, secondo quanto riportato da Rete italiana Pace e Disarmo che ne ha dato notizia per prima, in quanto non prevede solamente la sospensione delle forniture, rimasta comunque in vigore, ma il loro blocco totale.
La Rete italiana Pace e Disarmo che cita almeno 6 diverse autorizzazioni concesse dal 2016, governo Renzi, al 2019, governo Conte-I. La Rete Pace e Disarmo esprime quindi soddisfazione per “una decisione che pone fine – una volta per tutte – alla possibilita’ che migliaia di ordigni fabbricati in Italia possano colpire strutture civili, causare vittime tra la popolazione o possano contribuire a peggiorare la gia’ grave situazione umanitaria in Yemen”.
Una narrazione che fonti “anonime” della Farnesina riportate dall’Agenzia Ansa e poi riprese da diversi organi di stampa hanno cercato di smentire sostenendo che non fu il governo Renzi a rilasciare nel 2016 la licenza alla RWM Italia per esportare 19.675 bombe MK80 all’Arabia.
Molto spazio sui quotidiani hanno trovato anche le dichiarazioni dell’amministratore delegato di RWM Italia con l’annuncio di un ricorso relativamente alle decisioni del Governo sulla revoca di licenze per l’export di bombe d’aereo e missili verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. L’ad Fabio Sgarzi ha detto che la decisione del governo «deve mettere in allarme tutta l’industria della Difesa e non solo: un precedente grave e un colpo a un pezzo importante della nostra economia con sicuri riflessi negativi sul resto».
Relativamente al quadro normativo la Rete Disarmo ricorda che: “La legge 185 del 1990 prevede una serie di criteri molto chiari, così come fanno le norme internazionali, per la concessione di autorizzazioni all’export e armamenti. L’esportazione di sistemi d’arma non è infatti considerata un “business” usuale ma deve allinearsi alla politica estera dell’Italia e ai già ricordati criteri, tra i quali figurano come principali l’impossibilità di vendere armi verso Paesi in stato di conflitto armato, Paesi in cui siano state verificate gravi violazioni diritti umani, Paesi che eccedono nella spesa militare”. L’Arabia Saudita è il Paese del Medio Oriente che ha speso di più per gli armamenti, nel 2019, in termini assoluti, investendo 61.9 miliardi di dollari, l’8% del proprio PIL , quinto posto al mondo dopo Stati Uniti, Cina, India e Russia.
Dulcis in fundo Matteo Renzi ha partecipato a un evento in Arabia Saudita della fondazione saudita Future investment initiative – di cui fa parte come consulente per un gettone che arriva fino a 80 mila dollari l’anno – dove ha definito il Paese come la patria di un «neo-rinascimento». E il 31 gennaio, in un’intervista al Corriere della Sera, è andato addirittura oltre definendo Riad a «baluardo contro l’estremismo islamico».
Il Paese che invece negli ultimi 40 anni ha maggiormente sostenuto “l’estremismo islamico” è proprio l’Arabia Saudita, che ha sovvenzionato copiosamente il filone più estremista dell’Islam, quello wahabita che è nato in quel Paese circa tre secoli fa e da cui è originato Al Qaeda.