Brescia, 16 giugno 2016
Nei giorni scorsi alcuni illustri editorialisti hanno scritto, tra il sarcastico e l’indignato, sulle nuove divise dell’Alitalia, la cui proprietà si trova oggi nelle mani degli Emirati Arabi Uniti (EAU).
L’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere di Brescia (OPAL) non ha condiviso per nulla i giudizi sommari, superficiali e liquidatori espressi da formule sprezzanti e parole gravide di pregiudizio come “Europa Saudita” o “il committente è musulmano e si vede” (sic!), come abbiamo letto su La Stampa.
Per leggere la “certificazione” di ciò che accade quando un prodotto italiano finisce in alcuni paesi arabi suggeriremmo un altro tema e, soprattutto, un altro punto di vista.
Da 450 giorni è in corso un’illegale e violentissima guerra in Yemen! Gli EAU sono parte attiva di una larga coalizione – capitanata dall’Arabia Saudita – tra le cui fila spiccano anche Qatar ed Egitto.
Gli Emirati Arabi Uniti sono uno dei paesi con il più alto tasso di violazioni di diritti umani del Medio Oriente.
Torture, maltrattamenti, sparizioni forzate, discriminazione femminile e di genere (gay, lesbiche, transgender), sfruttamento e abuso dei lavoratori migranti, limitazioni pesanti – con conseguenze penali e carcere – sulla libertà d’espressione oltre, naturalmente, alla immancabile pena di morte ne fanno uno dei non sparuti esempi di sceiccati repressivi e intolleranti dell’area.
Ora vorremmo ricordare, anche alla libera stampa del nostro paese, che tra i principali fornitori di armi per quello sceiccato e per gli altri paesi sopra citati spicca la UE, all’interno della quale l’Italia fa la parte del leone.
Forniamo da lustri agli Emirati armi leggere, armi che vengono usate affinché quell’odioso regime possa serenamente soffocare diritti e libertà.
Se possibile, fatto ancora più grave, almeno sul piano istituzionale e nella violazione di trattati e legislazione comunitaria e nazionale, stiamo fornendo da mesi anche bombe e armi pesanti per la guerra in Yemen, le cui vittime – proviamo a indovinare? – sono civili!
Donne, vecchi, bambini e perfino ammalati, come negli sciagurati e documentati attacchi a un ospedale nel distretto di Haydan, nella Provincia di Saada, e in un quartiere di Taiz.
Stiamo documentando da anni affari e forniture di quelle che Kofi Annan nel 2001, in una storica e plenaria sessione dell’ONU, definì “Armi di distruzione di massa”: armi leggere impiegate nei tanti stati illiberali e repressivi del Medio Oriente dove le violazioni di diritti umani fondamentali sono prassi quotidiana.
Abbiamo denunciato alla magistratura italiana, nel gennaio scorso, i voli illegali che dalla Sardegna consegnano un particolare prodotto dell’Italian Style, bombe laser e bombe di penetrazione, strumenti criminali che stanno seminando morte tra le genti yemenite, in violazione della Legge 185/90, oltre che dei principi fondamentali della nostra Costituzione.
Tutto ciò nel silenzio quasi totale di molte cancellerie europee o nelle parole sconcertanti dei ministri Pinotti e Gentiloni i quali non hanno trovato nulla da rilasciare che un: “E’ tutto regolare“.
Ora per chiudere, e per ritornare all’universo femminile e alla famigerata cultura di origine di origine islamica, evocata da La Stampa, vorremmo solo fare loro presente che le donne mussulmane da cui noi avremmo molto da imparare sono da anni nelle strade di Tehran, hanno riempito le piazze di tutte le primavere arabe, sfidano ogni giorno, sulle loro biciclette, governi repressivi di quasi tutto il Medio Oriente.
Tante, tantissime, hanno un nome e un cognome che porta dietro di sè un pezzo di storia importante. Come Shirin Ebadi, Nadia Yassine, Haifaa al-Mansour, Azar Nafisi o la compianta Fatima Mernissi, da poco scomparsa. Soprattutto, sono tutte donne mussulmane. Ed è questa la cultura, senza aggettivi preconcetti e superficiali, cui dovremmo portare rispetto, aiuto e studiare in ogni gesto, in ogni parola.
Ma forse in un grattacielo di Abu Dhabi, tra uno smeraldino campo di golf di Dubai, o nell’iperscarlatto e gigantesco parco di divertimento del Ferrari World dell’isola di Yas queste notizie possono infastidire.
Tante brave persone vanno in quei luoghi per delle meritate vacanze, tanti imprenditori stanno facendo affari enormi e producono ricchezza per chissà quante uomini e donne. Perchè ricordare loro il contesto in cui si trovano e, spesso, le conseguenze delle loro scelte?
E’ facile, ma forse anche più ipocrita, ironizzare su delle innocue calze verdi, fiammeggianti tailleurs cardinale e gettare su carta, con una strizzatina d’occhio, stereotipi pericolosi e intrisi di intolleranza.
Chiediamo scusa ma preferiamo altri esempi e soprattutto, altre azioni.
Contatti per la stampa:
– Piergiulio Biatta (Presidente di OPAL) piergiulio.biatta@gmail.com – Cellulare: 338.8684212
– Mimmo Cortese (Ricercatore Analista) mimmo.cortese@gmail.com – Cellulare: 335.1820961
– Segreteria di OPAL: info@www.opalbrescia.org
Fonti e documenti:
http://opalbrescia.altervista.org/?q=node/270
opalbrescia.altervista.org/?q=node/223
http://www.disarmo.org/rete/a/42663.html
http://www.disarmo.org/rete/a/42663.html
http://www.amnesty.it/bambini-uccisi-in-yemen-onu-si-inchina-alla-coalizione-a-guida-saudita
http://www.amnesty.it/italia-esportazioni-armi
http://www.rapportoannuale.amnesty.it/2015-2016/aree/medio-oriente-e-africa-del-nord
http://www.rapportoannuale.amnesty.it/sites/default/files/2016/Emirati%20Arabi%20Uniti.pdf