Elena Buccoliero – Fonte: © Ferrara Italia
29 ottobre 2021
[…] Le ragioni vere di quanto è accaduto, probabilmente, non vanno cercate in casa Balzaretti bensì in un panorama più ampio. L’articolo di Repubblica del 18 ottobre attacca così: “A casa mia sono cresciuto che c’erano più fucili che posate”, dice un ragazzo al bancone del bar del centro. Di fucili ce n’erano otto, più due pistole, nella villetta di Roberto Balzaretti.”.
Una contiguità con le armi da fuoco che non impressiona, qui e forse altrove. Ricordo bene una conversazione in Sardegna di molti anni fa. L’ospite a tavola mi spiega l’ovvietà di avere almeno un’arma in casa e ridacchia della mia incredulità, gli pare impossibile che altrove funzioni diversamente. Tendenze radicate nel tessuto sociale, come è vero che in certe regioni si consuma più alcol della media italiana o che nella mia città ci spostiamo in bicicletta.
Giorgio Beretta, analista di Opal, Osservatorio permanente sulle armi leggere, ne parla in un articolo ben documentato per la rivista Il Mulino nell’estate di due anni fa. In un’intervista a Vanity Fair lo studioso fa un sunto efficace: «La normativa italiana per il numero di armi detenibili è tra le più permissive in Europa, con una licenza per tiro sportivo o da caccia si possono tenere tre pistole, dodici fucili semiautomatici (tipo gli Ar-15, i più usati nelle stragi in America) e un numero illimitato di fucili da caccia. Le norme sono troppo blande e le licenze si possono ottenere con troppa facilità. Non è richiesto né un esame tossicologico né una perizia psichiatrica nemmeno per gli anziani. Tutto si basa su un’autocertificazione controfirmata dal medico curante e un breve esame all’Asl, simile a quello per ottenere e rinnovare la patente di guida».