07 maggio 2021
L’episodio è stato condannato d’ufficio da tutti i partiti, ma ciò che pochi hanno detto è che sia la motovedetta che le armi in mano ai libici potrebbero essere italiane.
In un articolo pubblicato su Osservatorio Diritti, Giorgio Beretta della Rete Italiana Pace e Disarmo afferma che «Nell’area di maggior tensione del mondo (guerra in Siria e Yemen, conflitti in Libia e Iraq), nella quale persistono gravissime violazioni dei diritti umani (Egitto e monarchie del Golfo) e dei diritti dei popoli (come palestinesi, saharawi, curdi) è stata diretta anche nel 2020, per il quinto anno consecutivo, la gran parte degli armamenti esportati dal nostro Paese».
L’affermazione è ricavata dalla “Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento” inviata alle Camere lo scorso 27 aprile, ma non ancora pubblicata nel sito del Senato.
«Il trend di esportazioni militari record verso i paesi nordafricani e mediorientali, i cosiddetti “Paesi Mena”, è stato inaugurato dal governo Renzi nel 2016 (8,6 miliardi di euro di operazioni autorizzate verso questa area del mondo, pari al 58,8%) – si legge ancora nell’articolo – ed è proseguito nel 2017 durante il governo Gentiloni (4,6 miliardi, pari al 48,5%) e nel 2018 con al governo prima Gentiloni e poi Conte (2,3 miliardi, pari al 48,3%), nel 2019 con i governi Conte I e II (1,3 miliardi, pari al 32,6%) e, appunto, nel 2020, col governo Conte II (1,5 miliardi, pari al 38,7%).
«L’anno scorso sono state esportate in Libia forniture militari per 5,8 milioni di euro – osserva Beretta ai nostri microfoni – Non possiamo sapere se le armi utilizzate ieri siano italiane, ma è possibile, perché in passato sono state inviate forniture militari, oltre ad aver fornito addestramento».
Nel report emerge che il primo Paese ad aver acquistato armamenti italiani è l’Egitto con le due fregate Fremm che sarebbero state destinate alla Marina italiana. Al secondo posto troviamo il Qatar, con oltre 200 milioni di euro per l’acquisto di un mini-sottomarino, che può essere utilizzato anche per l’attacco a navi e petroliere.
«La metà delle esportazioni italiane, più precisamente il 49,8%, pari ad oltre 18,4 miliardi – sottolinea Beretta – è rivolto a Paesi di Nordafrica e Medioriente dove ci sono le dittature, per usare le parole di Draghi, e dove è fortissima la repressione, soprattutto contro gli oppositori politici».
Tutto ciò nonostante la legge 185 del 1990 stabilisca che le esportazioni di armamenti «devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell’Italia» e che le operazioni devono essere «regolamentate dallo Stato secondo i princìpi della Costituzione repubblicana che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali».