Alessandro De Pascale, Emanuele Giordana – Fonte: ©Il Manifesto
19 marzo 2021
Myanmar. Inchiesta sulle società che esportano nel paese. E quelle che ci arrivano tramite la Turchia. Le munizioni della Cheddite, trovate dai manifestanti birmani, usate da una ditta anatolica. Il caso SecurCube: il dispositivo di tracciamento BTS preccupa gli attivisti locali
Sulla vicenda delle pallottole della Cheddite Italy srl trovate in Myanmar nel teatro degli scontri tra manifestanti e militari, un gruppo di lavoro appena formatosi (Italia-Birmania, Rete Disarmo, Amnesty Italia, Opal, Atlante delle guerre) ha incrociato una serie di nuove prove fotografiche e documentali…
PROIETTILI che possono comunque essere caricati anche a pallettoni. La Turchia dunque esporta in Myanmar e non solo munizioni. Come spiega Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa (Opal), «da un’attenta analisi del registro del commercio internazionale delle Nazioni unite, Comtrade, risultano nel 2014 diverse forniture di fucili e munizioni dalla Turchia al Myanmar».
Nello specifico, spiega il ricercatore, «si tratta di 7.177 tra fucili di tipo sportivo o da caccia per un valore di 1.452.625 dollari con in aggiunta 2.250 ‘parti e accessori’ e di 46mila munizioni del valore di 223.528 dollari». Non si riscontrano però negli anni successivi esportazioni di simili armi e munizioni «ma questo – aggiunge Beretta – potrebbe dipendere anche dal mancato invio di informazioni da parte degli organi competenti turchi al registro internazionale dell’Onu».