Claudia Fanti – Fonte: © Il Manifesto
16 dicembre 2020
Secondo Opal, un terzo delle armi vendute al paese centroamericano tra il 2006 e il 2018 sono state prodotte dalla Beretta. Destinate a polizia ed esercito, finiscono (non per caso) in mano ai cartelli della droga e alla criminalità organizzata.
La guerra invisibile che affligge la terra messicana – dove dal 2006 (l’anno in cui Felipe Calderón scatenò la sua offensiva contro il narcotraffico) al 2019 si sono contati più di 276mila omicidi – si combatte anche con armi italiane.
Addirittura un terzo delle 238mila armi vendute dal 2006 al 2018 alla polizia messicana, che le ha usate in molteplici violazioni dei diritti umani, sono state prodotte ed esportate dalla Beretta di Gardone Val Trompia, secondo quanto indica il rapporto “Deadly Trade. How European and Israeli arms exports are accelerating violence in Mexico” (Commercio mortale. Come le armi europee e israeliane stanno aggravando la violenza in Messico), pubblicato il 9 dicembre da un gruppo di associazioni di diversi paesi, tra cui l’Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa (Opal) di Brescia.
IN UN MESSICO DEVASTATO dalla criminalità organizzata, dai cartelli di narcotrafficanti e dal connubio tra Stato e narcos (come indica il caso dell’ex ministro della Difesa Cienfuegos Zepeda, arrestato per narcotraffico negli Usa e poi liberato e rimpatriato), la Beretta ha venduto, su autorizzazione delle autorità italiane, 108.660 armi alla polizia federale e alle polizie locali del Messico, tra cui più di 25mila fucili e altre armi lunghe, sia automatiche che semiautomatiche.
E ci sono prove che abbia aumentato significativamente le vendite di armi da fuoco in Messico nella prima metà di quest’anno, mentre il Covid-19 colpiva duramente il Nord Italia.
È stato proprio con fucili d’assalto Beretta che la polizia municipale di Iguala ha preso parte al sequestro dei 43 studenti della Scuola normale di Ayotzinapa, scomparsi nel settembre del 2014 e diventati il simbolo delle 73 mila persone registrate come «disperse», di cui oltre 56mila scomparse nel solo ultimo decennio.
E SONO IN MOLTI CASI armi Beretta che vengono impiegate in operazioni di ordine pubblico contro la popolazione civile inerme o che, “smarrite” o contrabbandate da agenti di polizia, finiscono poi nelle mani della criminalità messicana.
Secondo il rapporto, basato sui dati ufficiali forniti dalla Secretaría de la Defensa Nacional del Messico, delle oltre 61mila armi sequestrate dall’esercito tra il 2010 e il 2020, ben 2.744 erano di fabbricazione italiana, soprattutto pistole Beretta.
La situazione non appare in via di miglioramento: nel 2019 sono stati registrati oltre 19 omicidi ogni 100mila persone e più di 24mila omicidi con armi da fuoco, il tasso più alto dal 1997.
Una realtà che, come sottolinea Piergiulio Biatta, presidente Opal, «ripropone pesanti interrogativi sia sulla filiera produttiva e commerciale delle armi, sia sui controlli riguardo agli specifici destinatari finali»: questioni «non più eludibili se vogliamo che la normativa italiana e il Trattato internazionale sulle armi servano a prevenire esportazioni di armi che alimentano la violenza e le violazioni dei diritti umani».