I ragazzi del poligono: «Sparare è adrenalina più autocontrollo»

Chiara Adinolfi – Fonte: © Corriere
05 dicembre 2020

Sono adolescenti, si allenano dopo la scuola. E presto si ritrovano in pedana accanto ai campioni olimpici. Ma c’è un’ombra sul sistema delle licenze per uso sportivo: dopo aver fatto l’esame e preso l’abilitazione, molti spariscono (con le armi acquistate)

Primi tiri a 10 anni

In Italia si può cominciare a sparare già a 10 anni. Basta andare in una qualsiasi sezione o società di tiro sportivo, affittare le armi ad aria compressa e tesserarsi presentando un certificato medico. Per quelle da fuoco l’età minima sale a 14 anni, ma i minori devono essere sempre accompagnati da un tutore con licenza ed esercitarsi alla presenza di un istruttore. Fino alla maggiore età, quando possono ottenere il porto d’armi.
«È stata la prima cosa che ho fatto quando sono diventata maggiorenne. L’ho preso il giorno del mio compleanno», racconta Giulia Basso, 20 anni vissuti nella provincia di Padova, gli ultimi due da atleta nazionale. Sono stati i genitori a regalarle il fucile dei suoi sogni, il giorno del suo 18esimo compleanno. Circa quattro chili di legno e ferro lavorati alla perfezione. «Tu sei il tuo unico limite», recita uno dei tanti post su Instagram in cui appare concentrata in pedana, con gli occhiali specchiati per mettere meglio a fuoco l’obiettivo e il gilet colmo di cartucce. «La prima volta che ho sparato ho provato un’adrenalina pazzesca. Un’emozione che non si può spiegare». Così ha continuato ad allenarsi, «anche se mi faceva male sentire sempre le solite battute. Come quando mi dicono “non ti faccio arrabbiare sennò mi spari”. È una frase che mi dà fastidio, perché vuole dire che non si conosce questo sport»…

La musica nelle orecchie

La licenza per uso sportivo è una delle soluzioni più semplici per acquistare un’arma in Italia. Basta presentare in questura un certificato di idoneità psicofisica e l’abilitazione al maneggio delle armi, che si ottiene in un centro di tiro dopo aver superato un esame. Con il decreto legislativo n.104 del 2018 il numero di armi che si possono detenere per uso sportivo è raddoppiato, passando da sei a dodici. Con lo stesso certificato, è possibile acquistare anche armi comuni da sparo (non più di tre) e fucili da caccia (in numero illimitato). Ma la maggior parte delle persone che ottiene il diploma di idoneità al maneggio delle armi, di sport poi ne pratica poco, come denuncia l’Opal (Osservatorio permanente sulle armi leggere): la presenza sui campi di tiro non è obbligatoria, e dopo aver preso l’abilitazione e aver comprato un’arma, quelli che tornano al poligono sono una minoranza. Secondo un rapporto della Polizia di Stato, nel 2018 nel 64,6% degli omicidi commessi in famiglia l’assassino era in possesso di un’arma detenuta regolarmente.

…Prima di una gara Chiara non vuole parlare con nessuno. L’unica compagnia che accetta è quella della musica che pulsa nelle sue cuffie. La aiuta a concentrarsi, perché «alla fine è tutta una questione di testa. Quando sali in pedana sei solo con te stesso, davanti al tuo obiettivo. Un minimo errore e potresti mancarlo». Per questo si è chiesta più volte se fosse uno sport adatto a lei. «Quando ho cominciato avevo paura, mi sentivo insicura e non pensavo di avere la giusta maturità per tenere in mano un fucile. Ma con il tempo sono cambiata, so che può sembrare strano, ma avere un’arma in mano mi ha fatto crescere»…