RETE ITALIANA PER IL DISARMO – OPAL BRESCIA
mercoledì 4 ottobre 2017
Quando ragiona sull’esportazione di armi, la comunità internazionale dovrebbe muoversi secondo il principio “armi in cambio di diritti. Quando vediamo diritti messi in pratica è lecito esportare armi”. Lo ha detto Giorgio Beretta, analista ricercatore dell Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa (Opal), nell ambito dell indagine conoscitiva sull Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile in commissione Esteri alla Camera.
Nel corso dell’audizione, Beretta ha sottolineato più volte come in Italia ci sia una forte mancanza di trasparenza sul commercio delle armi, con le conseguenti criticità che comportano acquirenti poco attenti ai diritti umani. Nonostante l’esistenza di un Trattato internazionale sul commercio delle armi che dovrebbe normare lecito e illecito, secondo Beretta “esiste una zona grigia”. Accanto agli illeciti classici “di criminalità organizzata e triangolazioni” che, infatti, secondo i dati disponibili, sono all’origine dell “5% del commercio di armi è traffico illecito, la zona grigia è responsabile del 20-25%, ma non ci sono informazioni precise su quanto sia il traffico illecito”
Facendo poi l’esempio dell’esportazione da parte dell’Italia di 11mila armi in Libia nel 2009 e di come siano state poi rubate dai ribelli dopo la morte di Mu’ammar Gheddafi nel 2011, Beretta ha spiegato come il commercio a volte non sia gestibile solo con la rigida applicazione delle norme: quella vendita “non è niente di illecito. L’embargo è stato sollevato. Se si fosse valutata l’essenza delle regole, se si fosse proceduto alla valutazione diritti umani” si sarebbe potuto immaginare “l’uso delle armi per scopi repressivi, ci si poteva porre qualche domanda”.
In più, Beretta ha sottolineato la mancanza di trasparenza dell’Italia in fatto di comunicazione con le autorità mondiali sul nostro commercio. Nel modulo annuale che tutti i contraenti del Trattato sul commercio delle armi devono consegnare, l’italia infatti, a differenza degli altri Paesi, indica solo il numero di armi vendute, ma non i destinatari. Non solo: la relazione da consegnare al Roca, il registro delle armi Onu, non viene inviato dall’Italia dal 2009. “La gran parte degli armamenti che finiscono nel mercato nero provengono da questa zona grigia, che si può controllare solo avendo trasparenza piena. Solo garantendo massima trasparenza si può limitare al massimo il traffico illecito e creare maggior confidenza tra i popoli”, ha concluso Beretta.
Agenzie sull’audizione odierna alla Camera dei Deputati di Giorgio Beretta, analista Opal Brescia e Rete Italiana per il Disarmo