Michela Finizio – Fonte: ©Il Sole 24 Ore
Sono 1.315.700 le licenze rilasciate in Italia per detenzione legale di armi, in crescita del 4% rispetto al 2015. I dati sono quelli ufficiali del Viminale, aggiornati a luglio 2018. A dettare l’incremento è l’uso sportivo (+27% negli ultimi tre anni), mentre tutte le altre tipologie di licenze sono in calo.
Il porto d’armi per attività venatoria è in flessione del 9%, complice la normativa sempre più restrittiva per la caccia, di conseguenza meno praticata; quello per difesa personale, rilasciato dal Prefetto a soggetti che dimostrino concretamente l’effettiva necessità di circolare armato (ad esempio gioiellieri, avvocati penalisti e così via), cala del 16% con arma corta e del 58% con arma lunga.
I numeri non sembrano raccontare una corsa alle armi, spesso paventata a livello mediatico quando si parla di insicurezza nelle città italiane. Ma i trend vanno analizzati più nel dettaglio e va compreso, in particolare, il fenomeno dell’uso sportivo.
«Molti anziani – afferma Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio Opal – oggi non praticano più la caccia, ma hanno ancora dei fucili e decidono di passare alla licenza per tiro a volo, magari per andare al poligono nel weekend con gli amici. Ma attenzione, perché, se prendiamo i dati degli associati alla Fitav e alle altre federazioni di tiro a volo, si arriva al massimo a 150mila tesserati, mentre le licenze sono quasi 600mila».
Inoltre, sostiene l’Osservatorio, «l’uso sport è il più facile da ottenere», ancora di più ora che è entrato in vigore (dal 14 settembre scorso) il Dlgs 104/2018, pubblicato in Gazzetta ufficiale lo scorso 10 agosto, approvato dal Governo in attuazione alla direttiva europea 853/2017: la denuncia può avvenire anche tramite mail, da un portale certificato; raddoppia da 6 a 12 il numero di armi sportive detenibili; sale il limite dei colpi consentiti nei caricatori; la durata della licenza scende da 6 a 5 anni.
Resta da chiarire, infine, che fine hanno fatto le armi iscritte nei registri cartacei prima dell’informatizzazione delle procedure, così come quelle acquistate con licenze oggi scadute oppure con il “nulla osta”, cioè il permesso che dura solo 30 giorni e di cui non si hanno dati. «Basta pensare – aggiunge Beretta – negli anni ’70 i titolari di un fucile con porto d’armi per uso caccia erano circa 2 milioni e 300mila, contro i 700 mila circa del periodo attuale». Ecco spiegato perché un recente studio dell’università La Sapienza stima fino a 4milioni di armi in circolazione in Italia, un dato che tiene conto anche di quelle illegali o magari con autorizzazione scaduta.