Marco Magnano – Fonte: © Riforma
19 luglio 2018
Con il nuovo governo riparte la riforma della legittima difesa, ripensata in forma estensiva da parte della Lega. Una questione che impone di interrogarsi anche sulla riforma del porto d’armi
Mercoledì 18 luglio è cominciato in Commissione Giustizia al Senato il percorso dei disegni di legge di riforma delle norme che regolano la legittima difesa. In tutto si tratta di cinque disegni di legge che hanno lo stesso relatore, il leghista Andrea Ostellari e che mirano allo stesso fine: ampliare il concetto di legittima difesa, normato dall’articolo 52 del codice penale. Anche i governi della scorsa legislatura avevano cercato di apportare modifiche alle attuali norme, ma il provvedimento si era bloccato durante il suo iter parlamentare.
Si tratta di un tema che la Lega da molti anni considera una priorità nella propria azione di governo, al punto da averlo inserito anche nel Contratto per il governo del cambiamento sottoscritto da Luigi Di Maio e Matteo Salvini lo scorso 18 maggio. Nel capitolo 12 del contratto, dal titolo Giustizia rapida ed efficiente, si legge che «in considerazione del principio dell’inviolabilità della proprietà privata, si prevede la riforma ed estensione della legittima difesa domiciliare, eliminando gli elementi di incertezza interpretativa (con riferimento in particolare alla valutazione della proporzionalità tra difesa e offesa) che pregiudicano la piena tutela della persona che ha subito un’intrusione nella propria abitazione e nel proprio luogo di lavoro». Viste le premesse, si credeva che il percorso della modifica normativa proposta dalla Lega potesse avanzare senza problemi. Tuttavia, appena iniziato l’iter in Parlamento la riforma della legittima difesa ha trovato un freno nel Movimento 5 stelle, che pure aveva sottoscritto la necessità di riformare l’attuale norma. Il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, si è infatti affrettato a chiarire che «sarà oggetto di revisione l’eccesso di legittima difesa», ma che «non salta il principio di proporzionalità tra offesa e difesa». Di diverso avviso la Lega: nel primo comma del disegno di legge As652, firmato dal leghista Massimiliano Romeo, si propone di modificare la proporzionalità tra difesa e offesa, introducendo una presunzione di legittima difesa per gli atti diretti a «respingere l’ingresso o l’intrusione mediante effrazione o contro la volontà del proprietario o di chi ha la legittima disponibilità dell’immobile, con violenza o minaccia di uso di armi» in un’abitazione privata o attività commerciale professionale o imprenditoriale. Di fatto un superamento proprio di quel principio di proporzionalità difeso invece dal ministro della Giustizia.
Il ministro Bonafede ha poi aggiunto che «in nessun modo la realizzazione dell’obiettivo riformatore, per come concepito dalla maggioranza, potrà portare alla liberalizzazione delle armi in Italia, la detenzione e il porto delle quali risultano disciplinate da disposizioni normative rigorose sulle quali il Governo non avverte alcuna esigenza di intervenire, trattandosi di leggi che rappresentano, peraltro, strumenti irrinunciabili nella lotta alla criminalità». Tuttavia, anche smentendo l’intenzione di intervenire sulla legge sul possesso di armi, il ministro della Giustizia ha sottolineato ancora una volta la connessione tra le due materie.
A questo proposito è opportuno tornare all’11 febbraio 2018, quando in piena campagna elettorale l’attuale vicepremier e ministro dell’Interno, Matteo Salvini, aveva firmato un documento in 8 punti con cui si impegnava pubblicamente a «coinvolgere e consultare il Comitato Direttiva 477 e le altre associazioni di comparto ogni qual volta siano in discussione provvedimenti che possano influire sul loro ambito di attività». Giorgio Beretta, analista di Opal, l’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere e le Politiche di Sicurezza e Difesa di Brescia, spiega che «questo comitato nasce dall’unione inizialmente di alcuni gruppi non legalmente riconosciuti, di associazioni di appassionati di armi, con associazioni del mondo venatorio e anche associazioni di sportivi o che rappresentano gli sportivi. A questi si sono uniti poi i produttori di armi e le loro associazioni di categoria, in particolare Anpam, l’associazione nazionale produttori di armi e munizioni, di cui fanno parte i maggiori produttori di armi in Italia, come la Beretta, la Tanfoglio, la Fiocchi. Di fatto, questo comitato rappresenta in Italia quello che sarebbe la Nra americana, la National Rifle Association, perché mette insieme questi mondi che finora erano stati separati: ognuno aveva dei propri interessi, legittimi ma quanto mai diversi, per sostenere tutta quella serie di cose che Salvini ha firmato, tra cui difendere l’onorabilità e l’immagine dei detentori di armi, dei tiratori sportivi e dei cacciatori»…leggi tutto l’articolo