L’omicidio di Cisterna di Latina e quell’arma d’ordinanza

Giorgio Beretta – Fonte: ©Unimondo
03 marzo 2018

“Perché aveva ancora la pistola d’ordinanza?”.“Non lo so, non lo chieda a me”. La domanda della giornalista di TGcom24 all’avvocato Maria Belli, il legale della signora Antonietta Gargiulo solleva una questione che molti si sono posti a seguito dell’efferato omicidio di Cisterna di Latina. Come noto, mercoledì scorso l’appuntato dei Carabinieri, Luigi Capasso, ha sparato con la sua arma d’ordinanza alla moglie Antonietta Gargiulo ferendola gravemente e successivamente è salito in casa dove ha sparato tre colpi uccidendo le figlie Martina e Alessia di 7 e 13 anni e successivamente, sempre con la pistola d’ordinanza, si è suicidato.

Una tragedia annunciata 

Diversi commentatori hanno evidenziato che l’omicidio ha tutte le caratteristiche di una strage annunciata”. La moglie Antonietta già lo scorso settembre si era rivolta alla Questura di Latina dove aveva presentato un esposto a seguito dell’aggressione che aveva subito dal marito davanti all’azienda durante un pausa di lavoro e anche nei pressi dell’abitazione davanti alle figlie. Lo scorso gennaio, Antonietta si era presentata al Commissariato di polizia di Cisterna di Latina, dove era stata convocata a seguito dell’esposto presentato dal marito che la accusava di tenerlo lontano dalle bambine, e ribadiva di avere paura del marito “per il suo carattere violento e aggressivo”. La situazione di tensione era nota anche al parroco e la donna aveva chiesto l’aiuto dei servizi sociali per le bambine. Antonietta si era rivolta più volte anche al comandante dei carabinieri della Caserma di Velletri, dove il marito era in servizio, per metterlo al corrente della situazione.

Non aveva però sporto denuncia. Come ha spiegato l’avvocato Belli, Capasso aveva implorato la moglie di non denunciarlo: «La mia cliente non ha voluto denunciarlo perché era sicura che lui avrebbe perso il lavoro». Una nuova denuncia, dopo quella che il carabiniere aveva già subito per truffa, avrebbe potuto renderlo passibile di sospensione. Capasso era stato sospeso dal servizio per cinque anni, dal 2009 al 2015, per una truffa alle assicurazioni: il reato penale era andato in prescrizione e così il carabiniere fu reintegrato e trasferito dalla caserma di Aprilia a quella di Velletri. Quando richiese un alloggio in caserma a Capasso venne offerto dall’Arma, come da prassi, un sostegno psicologico per superare la separazione, ma lui rifiutò sostenendo di avere già il supporto del suo psicologo: per questo fu obbligato a sottoporsi a una visita psicologica davanti a una commissione che gli diede otto giorni di riposo e lo dichiarò idoneo al servizio. 

Nessuno specifico provvedimento fu quindi preso. Il ministro dell’Interno, Marco Minniti, commentando la tragedia ha dichiarato che “su queste questioni ci sono troppe sottovalutazioni: per troppo tempo e a volte anche con una incapacità di guardare alla realtà, non si comprende quale minaccia è messa in campo”. Due Procure, quella ordinaria e quella militare, e lo stesso Comando generale dei carabinieri, stanno indagando per capire se vi siano state responsabilità o omissioni da parte di istituzioni o soggetti che sono entrati in contatto con la famiglia…leggi tutto l’articolo su Unimondo

 

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