Giorgio Beretta – Fonte: © Unimondo
08 febbraio 2018
Tre elementi accomunano l’attentato di Macerata di sabato scorso a diverse sparatorie che sono avvenute negli Stati Uniti. Sono elementi sui quali si è poco riflettuto, ma che meritano di essere considerati attentamente se davvero si intende comprendere la miscela che da qui a poco potrebbe esplodere causando stragi come quelle che avvengono regolarmente negli Stati Uniti. Innanzitutto i fatti.
Luca Traini, nazifascista e legale detentore di armi
Luca Traini, l’attentatore che sabato scorso ha sparato una trentina di colpi dalla sua auto in una decina di punti della città che sapeva essere frequentati da migranti e ha colpito almeno undici persone non solo era stato candidato l’anno scorso con la Lega Nord al consiglio comunale di Corridonia, ma ha ripetutamente espresso posizioni ed ha partecipato a manifestazioni di estrema destra. “Sulla tempia destra – riporta La Repubblica – ha un tatuaggio con il simbolo di Terza posizione, movimento neofascista eversivo fondato negli anni 70 da Roberto Fiore, oggi leader di Forza Nuova. Il simbolo ha origine da un simbolo tedesco e fu adottata come emblema dalla panzer division “Das Reich” delle SS naziste”.
Non solo. Traini ha usato per il suo attentato una pistola Glock, regolarmente detenuta con licenza di tiro sportivo. Lo avrebbe detto lui stesso durante l’interrogatorio. L’accusa che gli viene mossa di “porto abusivo d’arma” non riguarda, infatti, la detenzione dell’arma, ma il fatto che l’abbia portata fuori casa secondo modalità non consentite. Luca Traini era, quindi, a tutti gli effetti un legale detentore di armi e anche le munizioni che ha usato erano state acquistate con regolare licenza. L’intento di Traini era di fare una strage: “Volevo ucciderli tutti” – avrebbe detto durante l’interrogatorio riferendosi “agli spacciatori di colore”. Per questo il gip di Macerata, Domenica Potetti, nel confermare l’arresto di Traini ne ha disposto la custodia cautelare in carcere “per strage aggravata da odio razziale”….leggi tutto l’articolo su Unimondo