Giorgio Beretta – Fonte: © Osservatorio Diritti
23 gennaio 2018
Da nove anni l’Italia non invia informazioni all’Unroca, cioè al Registro delle Nazioni Unite sulle armi convenzionali. E al Segretariato dell’Att di Ginevra non fornisce la lista dei paesi a cui esporta gli armamenti
C’è un settore di cui i nostri governi, di qualsiasi colore, di tanto in tanto si fanno vanto. È quello del controllo dell’export di armi. Dopo gli scandali degli anni Ottanta, e grazie soprattutto all’ampia mobilitazione messa in campo dalla società civile, l’Italia si è dotata di una legge che regolamenta una materia fondamentale per la pace e per la nostra stessa sicurezza: le esportazioni di sistemi militari.
La legge 185/90 sull’esportazione di armamenti
La legge n. 185 del 9 luglio 1990 ha infatti introdotto nel nostro Paese “Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento”. Una legge per niente pacifista. Se così fosse stata, avrebbe avuto un solo articolo semplice e chiaro: «La produzione di materiali d’armamento è vietata». Ma che molte associazioni, anche dichiaratamente pacifiste, hanno promosso e cercano tuttora di difenderesoprattutto dai continui attacchi delle lobby militari-industriali (e politiche) nazionali che non hanno mai sopportato le restrizioni, i controlli e la trasparenza che la legge ha introdotto…
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