da: La città invisibile di Thomas Maerten- Fonte: © PerUnaltracittà
25 gennaio 2018
Un omicidio commesso da una banda di rapinatori, un traffico di reperti archeologici, una presunta relazione omosessuale, un giro di spaccio di stupefacenti, una cospirazione dei servizi segreti legati ai Fratelli Musulmani e persino un incidente stradale. I tentativi delle autorità egiziane di depistare le indagini sul caso Giulio Regeni hanno sfacciatamente superato ogni soglia di realismo, scadendo nel ridicolo. Un “ridicolo” che offende chi, a due anni dalla scomparsa, cerca ancora verità e giustizia per Giulio, ragazzo di ventotto anni rapito e ucciso dopo giorni di brutali torture. Ci sentiamo offesi dalle autorità egiziane che si sono rifiutate nei fatti di collaborare alle indagini, improvvisando anzi ridicoli diversivi e insabbiamenti. Un modo di agire che rivela come gli apparati di sicurezza locali siano abituati ad arrestare, torturare e uccidere gli oppositori politici, senza sforzarsi nemmeno di nasconderlo.
Allo stesso tempo ci sentiamo feriti dalle autorità italiane, che di fronte agli interessi economici tra i due paesi, hanno velocemente calato le braghe, ristabilendo i legami diplomatici e tentando di far finire tutta la vicenda nel dimenticatoio della storia.
Oggi è il secondo anniversario dalla scomparsa di Giulio Regeni. Insistiamo nel chiedere verità e giustizia perché il suo caso è perno di tante lotte: quella contro la dittatura del generale Al-Sisi, innanzitutto. Quella dei lavoratori e dei sindacati in Egitto, che Giulio studiava e sosteneva. Ma sopratutto la lotta contro i nostri governanti, sempre pronti a sbandierare principi come la “democrazia” e la “giustizia” salvo poi metterli da parte quando si parla d’affari. Ma andiamo con ordine.